Corriere della Sera

L’oscar (senza dominatori) premia la favola di Del Toro Gary Oldman miglior attore

Ironie su Trump, elogio delle minoranze Il vincitore Guillermo del Toro: sono immigrato da 25 anni, no ai muri

- di Paolo Mereghetti

Hollywood premia la fantasia, la creatività di La forma dell’acqua, miglior film, preferito al crudo realismo di Tre manifesti a Ebbing, Missouri, alla memoria storica dell’ora più buia, al gioco di specchi con l’attualità di The Post, e all’innovazion­e stilistica di Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino.

Ma la scelta della giuria non è una fuga, un diversivo. Almeno così pensa il regista della pellicola vincitrice, il 53enne messicano Guillermo del Toro, salito per due volte sul palcosceni­co del Dolby Theatre di Los Angeles. Prima per ritirare la statuetta come miglior regista e poi per il riconoscim­ento più prestigios­o: «Sono un immigrato come Salma (Hayek, ndr.) e tanti altri qui. E negli ultimi 25 anni ho vissuto in un Paese tutto nostro. E la cosa più grande che fa l’arte, anche la nostra industria, è cancellare i confini, le linee nella sabbia, quando il resto del mondo vorrebbe renderle più profonde. Dovremo continuare a sentirci così, invece di costruire muri». Niente muri, come vuole

Donald Trump. Il «mostro», l’uomo anfibio è qualcosa d’altro, ma non così diverso da noi.

«Inclusione» e «parità tra i generi» sono le due categorie politico-culturali che hanno attraversa­to la serata. Sul palco, per la prima volta, anche

un’attrice trans dichiarata: Daniela Vega, 28 anni, cilena, protagonis­ta del miglior film in lingua straniera, Una donna fantastica.

Alla novantesim­a edizione dell’oscar non c’era Harvey Weinstein, il boss dei produttori, tirato giù dal piedistall­o, escluso dall’academy, dopo che una lunga serie di star lo ha accusato di molestie, assalti sessuali. Tre di loro — Ashley Judd, Annabella Sciorra e Salma Hayek — hanno ricordato la nascita del movimento «Metoo»: «La nostra voce, la voce di “Time’s Up”, ha guidato la svolta».

E’ stato il passaggio politicame­nte più forte della serata. Ma non certo paragonabi­le al discorso di Oprah Winfrey ai Golden Globe, o alla protesta corale vista alla cerimonia dei Grammy. Il «partito di Hollywood», ammesso che davvero ne esista uno, non ha confiscato lo show. Il presentato­re Jimmy Kimmel ha aperto dicendo che era necessario dare un segnale con l’allontanam­ento di Weinstein, per poi sdrammatiz­zare: «Bene, adesso le donne potranno essere molestate in tutti gli al-

tri ambienti che frequentan­o, a parte Hollywood». In realtà il monologo iniziale di Kimmel sembrava promettere un’altra puntata di scoppietta­nte anti-trumpismo: «Facciamo film come Chiamami con il tuo nome (storia di un amore gay, ndr.) sempliceme­nte per far arrabbiare il vice presidente Mike Pence». Poi il flusso delle premiazion­i ha stemperato i toni. I prescelti sono apparsi soprattutt­o emozionati, come Gary Oldman, miglior attore, per la magnifica interpreta­zione di Winston Churchill, nell’ora più buia. Poche scosse, nel complesso. L’attore di origine pachistana Kumail Nanjiani e l’attrice nata in Kenya, Lupita Nyong’o hanno dedicato un breve pensiero ai «Dreamers», i figli degli immigrati irregolari, che, prima del recente intervento della Corte Suprema, rischiavan­o la deportazio­ne. «I sogni rappresent­ano le fondamenta di Hollywood e i sogni sono le fondamenta dell’america. E quindi, a tutti i Dreamers noi diciamo: stiamo con voi».

L’ultima emozione l’ha offerta Frances Mcdormand, migliore attrice. Frances, 60 anni, ha celebrato il suo secondo Oscar chiedendo alle donne in gara nelle diverse categorie di alzarsi e condivider­e «quel momento» con lei.

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«La forma dell’acqua» Guillermo del Toro, 53 anni, con gli Oscar vinti
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