Corriere della Sera

La ribellione dentro il partito I ministri in difesa di Gentiloni

Zanda: Veltroni e Bersani lasciarono un minuto dopo. Martina per «dimissioni vere» Gelo di Delrio e Franceschi­ni. Critiche da Calenda: fuori dal mondo dare colpe al governo

- 1 2 3 4 5 Monica Guerzoni

ROMA La rapidità con cui ministri e capicorren­te hanno mollato Matteo Renzi, rivela la durezza di uno scontro che rischia di spaccare il Pd. Il segnale di guerra è una dichiarazi­one di Luigi Zanda, del quale è nota la vicinanza a Dario Franceschi­ni. «Quando Veltroni e Bersani si sono dimessi lo hanno fatto e basta, un minuto dopo non erano più segretari», battono le agenzie di stampa. E ancora: «Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno. E quando si decide, si danno senza manovre».

È subito chiaro che il presidente uscente dei senatori dem non sta parlando a titolo personale. La formula delle dimissioni congelate ha sconcertat­o i maggiorent­i e innescato uno scambio frenetico di telefonate sulla linea Nazareno-palazzo Chigi. A Paolo Gentiloni è arrivato come uno schiaffo il riferiment­o di Renzi al suo governo, liquidato come un errore strategico. Giudizi ritenuti ingenerosi, che hanno contribuit­o a saldare il fronte dei ribelli. Dario Franceschi­ni è molto preoccupat­o e sta coordinand­o le sue mosse con Gentiloni, nel tentativo tra l’altro di rimettere il Pd in sintonia con il Quirinale.

A cominciare da Marco Minniti, i ministri fanno quadrato attorno al premier uscente e l’obiettivo, non dichiarato ma evidente, è isolare Renzi, depotenzia­re l’iniziativa di un leader ritenuto capace di intonare «muoia Sansone con tutti i Filistei». Graziano Delrio, che pare non parli con il leader da un paio di mesi, è letteralme­nte sgomento, prova ne sia l’assenza del fedelissim­o Matteo Richetti in conferenza stampa. Il vicesegret­ario Maurizio Martina, come Delrio, è «poco convinto» della exit strategy di Renzi e preme anche lui perché si apra una fase nuova, che passi attraverso «dimissioni vere» del leader.

Al congresso gli oppositori dell’ex premier avranno un candidato comune e tra i papabili si fanno i nomi di Zingaretti, Gentiloni, Martina, Delrio. Walter Veltroni si tiene fuori, ma il suo endorsemen­t per Gentiloni è ritenuto un pilastro della «resistenza» ulivista, vogliosa di ricostruir­e dalle sue ceneri il centrosini­stra. Enrico Letta è lontano, eppure tiene ancora alle sorti del partito. L’ex deputato lettiano Marco Meloni parla di «dimissioni fake» e «cinico tentativo di avvelenare i pozzi» e chiede a Renzi di farsi da parte «perché ha portato il Pd e il centrosini­stra alla sconfitta più grande della sua storia». La stessa formula scandisce Andrea Orlando. Il leader della minoranza si sarebbe aspettato «una vera assunzione di responsabi­lità da un segretario che, eletto con il 70%», ha potuto definire «in modo pressoché solitario linea, organigram­mi e candidatur­e». Col passar dei minuti le voci critiche aumentano, da Giorgio Gori a Goffredo Bettini, da Gianni Cuperlo a Carlo Calenda. Il ministro è convinto che «sia fuori dal mondo addossare la responsabi­lità della sconfitta a Gentiloni e Mattarella». Giorgio Gori ha trovato «poco chiari» alcuni passaggi del discorso di Renzi. Per Anna Finocchiar­o «annunciare le dimissioni e non darle» dopo una simile batosta è «in contrasto con il senso di responsabi­lità, lealtà e chiarezza». E via così, in un crescendo di critiche che Lorenzo Guerini prova a stoppare: «Nessuna dilazione, le dimissioni di Renzi sono verissime. Nessuna gestione solitaria nei prossimi passaggi».

Michele Emiliano parla di «rifondazio­ne» della comunità democratic­a: «Renzi punta alla sua autoconser­vazione, pensa a come rientrare il partita. Per questo finge di dimettersi». I renziani contrattac­cano. «O Zanda ha in mente un modello fatto di caminetti e inciuci, o vuole candidarsi a segretario», insinua Anna Ascani. E una nuova stagione di veleni si apre.

Le responsabi­lità Orlando: non vedo un’assunzione di responsabi­lità da chi ha deciso da solo

 ??  ?? I vertici del Pd all’ultima assemblea nazionale
1 Maurizio Martina, 39 anni, vice segretario
2 La poltrona vuota del segretario Matteo Renzi, 43 anni 3
Il premier Paolo Gentiloni, 63 anni 4
Il ministro Andrea Orlando, 49 anni 5 Il governator­e della...
I vertici del Pd all’ultima assemblea nazionale 1 Maurizio Martina, 39 anni, vice segretario 2 La poltrona vuota del segretario Matteo Renzi, 43 anni 3 Il premier Paolo Gentiloni, 63 anni 4 Il ministro Andrea Orlando, 49 anni 5 Il governator­e della...

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