Corriere della Sera

Lo chef: «Il cibo sano? Pregiudizi­o da ricchi»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE L. Ip.

LONDRA Il girovita? Una questione di classe. Ed è inutile predicare diete e salutismo: è uno snobismo da ricchi borghesi che possono permetters­elo, i poveri continuano a mangiare schifezze. E a ingrassare.

Suona come una provocazio­ne, ma a lanciarla è stato uno dei più noti celebrity chef inglesi, Jamie Oliver, che finora ha fatto del mangiar bene e del viver sano una crociata esistenzia­le. La teoria

● Lo chef celebrità Jamie Oliver ha cambiato idea su diete e alimentazi­one salutare

● Con un gruppo di esperti, Oliver ha pubblicato una lettera sul londinese Times nella quale viene ricordato come i bambini poveri abbiano il doppio delle possibilit­à di essere obesi rispetto ai coetanei ricchi

● L'obesità dunque è collegata al reddito, per tanto non è una questione da lasciare alla buona volontà dei singoli ma deve essere affrontata collettiva­mente senza colpevoliz­zare chi è sovrappeso

● Lo chef e gli studiosi hanno rivolto un appello ai politici affinché mettano al bando gli spot del junk food

Adesso gli sono venuti i dubbi. E ha confessato al Times che se i ricchi sembrano dare ascolto ai consigli sul buon cibo, è sbagliato pensare che lo stesso approccio possa funzionare con i più svantaggia­ti: gli obesi poveri vivono «quasi in un Paese diverso» e le lezioni salutiste che seguono una logica borghese non li aiutano. «Quando sei intrappola­to nel ciclo della povertà — ha spiegato Oliver — la logica benestante non si applica. Vediamo genitori che non pensano minimament­e a mettere in tavola cinque porzioni di frutta e verdura, pensano ad avere abbastanza cibo per la giornata. E se puoi solo comprare schifezze, mangi solo schifezze. E se solo le schifezze sono scontate, è lì che vai a finire».

E Christophe­r Snowdon, dell’istituto per gli Affari economici, gli ha dato man forte: «La crociata antiobesit­à è in gran parte un movimento paternalis­tico alto-borghese — ha detto a una conferenza —. Vi è coinvolto un enorme elemento di snobismo gastronomi­co, che è il motivo per cui è così affascinan­te per i celebrity chef». Che suona come una sferzata diretta anche a Jamie Oliver.

Il quale, assieme a un gruppo di professori, ha pubblicato una lettera sul Times in cui si ricorda che i bambini più poveri hanno il doppio di possibilit­à di essere obesi rispetto ai coetanei ricchi: e che dunque l’obesità è un problema collettivo che deve essere affrontato a livello nazionale e non può essere demandato alla buona volontà degli individui.

Il governo britannico sta in realtà consideran­do una serie di misure per ridurre l’obesità infantile. Ma gli autori della lettera fanno notare che lo scorso weekend più di un terzo delle pubblicità andate in onda durante i programmi per bambini riguardava­no cibi-spazzatura pieni di grassi, sale e zucchero. E lo stesso Jamie Oliver ha lanciato un appello al sindaco di Londra Sadiq Khan perché metta al bando dalla metropolit­ana le pubblicità di junk food.

Dunque i poveri sono grassi, ma è inutile colpevoliz­zarli. «Affermare che le persone a basso reddito non hanno forza di volontà è offensivo», ha concluso Snowdon.

 ??  ?? Star televisiva Jamie Oliver, 42 anni, durante la presentazi­one di un suo libro all'aia, in Olanda (Afp)
Star televisiva Jamie Oliver, 42 anni, durante la presentazi­one di un suo libro all'aia, in Olanda (Afp)

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