SU FB SALVINI BATTE MACRON IL VOTO AL TEMPO DELLA RETE
Caro Aldo, quanto ha contato il mondo web per i risultati delle elezioni politiche 2018? Quanto è costato per il Pd, due anni dopo il «ciaone»? Filiberto Piccini, Pisa
Caro Filiberto,
L a frase del giorno non è quella delle dimissioni di Renzi, è di Salvini: «Su Facebook ho superato Macron. Ora in Europa sono secondo dopo la Merkel». La pagina Facebook del leader leghista in effetti è pensata in modo artigianale e sapiente. Ci sono una serie di video, in genere tratti da trasmissioni Mediaset: sedicenti antifascisti che picchiano poliziotti; un rumeno che rapina una vecchietta; una disabile italiana sfrattata; un africano che getta via il pane perché sostiene che non è buono (da solo l’africano sarà costato al Pd 500 mila voti). Salvini commenta i video con hashtag tipo «orabasta» e «stavoltavotolega». Invita i fan a mettere per un giorno la sua faccia come foto del proprio profilo. Pubblica le sue immagini da bambino. Dà insomma l’illusione a chi lo segue di essere davvero suo amico. Non a caso il primo messaggio dopo il voto è stato su Facebook: «Siete stati fantastici, se abbiamo vinto una enorme parte del merito è vostra, splendida Comunità della rete, non dimenticatelo. Vi voglio bene». Al confronto, Berlusconi che confonde lire ed euro e cerca con affanno la parola giusta in tv agitando i soliti fogli bianchi fa tenerezza.
Anche Salvini va in tv, oltre che sul territorio. Ma usa i programmi tv e il territorio come fondale della sua vita on line. Questo vale a maggior ragione per i Cinque Stelle, partito che on line è nato, e con Grillo superò il 25% senza mai affacciarsi in un talk show. Il racconto del M5S è perfetto per la logica della rete: di là «loro», i poteri forti, le caste, i media, i notabili; di qua il popolo, che aspira a mille euro al mese possibilmente senza fare nulla. Com’è evidente, in Italia i poteri forti latitano da tempo. Non sono scomparsi invece il mondo globale, l’europa, i mercati, il debito pubblico: tutte cose antipatiche, con cui purtroppo bisogna fare i conti. L’italia profonda della rete è maggioritaria: speriamo che sappia tradurre la rivolta morale in capacità di governo. Ma c’è da dubitarne. Di sicuro l’establishment dei partiti ha fatto di tutto per screditarsi: incredibile che in questi cinque anni non sia passato un provvedimento banale ma necessario come il dimezzamento delle indennità e l’abolizione dei vitalizi. Quanto alla sinistra, ha pensato pure a rifare il partito comunista: Errani a Bologna, Zanonato a Padova, Cofferati a Genova, Bassolino a Napoli, D’alema in Puglia, Bersani ovunque, più Boldrini e Grasso, Fratoianni e Pippo Civati; tutto per prendere pochi voti in più di Potere al popolo, lista semiclandestina già idolo del web.