Guadagnino: girerò il sequel di «Chiamami col tuo nome»
«Orgoglioso del premio a Ivory. Presto anche un film con Lawrence»
Luca Guadagnino il giorno dopo l’oscar per la migliore sceneggiatura non originale a James Ivory per Chiamami col tuo nome: la statuetta è anche italiana.
Lei accennò alla possibilità di un sequel.
«Se tutto va bene, spero diventi un ciclo alla Antoine Doinel (il personaggio che fu per Truffaut una sorta di suo alter ego). Ho già in mente la prima immagine: il giovane Elio a inizio Anni 90, in un cinema di Parigi vede Ancora di Paul Vecchiali, un capolavoro, parla di un uomo che lascia la moglie, si innamora di un altro uomo che lo assiste fino alla fine della sua malattia».
Non doveva girare un film con Jennifer Lawrence?
«Sì, Buried Rites, sull’ultima donna giustiziata in Islanda nel 1830 per l’omicidio di due uomini. Ma ora sono preso dal mix del remake di Suspiria di Dario Argento».
Ivory ha lodato la sua sensibilità. Lei come ricambia?
«Intanto che la carriera di un signore di quasi novant’anni, sinonimo di un certo tipo di cinema, venga coronata alla fine della sua vita grazie a un micro-film italiano, diretto da un regista italiano e prodotto da capitali franco-italobrasiliani, fa capire la potenza del cinema come possibilità dell’impossibile, la poetica dell’utopia».
Come avete festeggiato?
«Era la mia seconda volta agli Oscar, dopo che nel 2010 accompagnai Antonella Cannarozzi, la costumista del mio film Io sono l’amore. La cerimonia è sempre divertente, sotto la sedia ci avevano messo una borsettina, come quando vai a scuola e hai la merenda, col simbolo degli Oscar e i poster dei film candidati».
Era il kit da 120 mila dollari con viaggio in Tanzania, Spa e gioielli?
«No, quella è una piaga, una paccottiglia estranea all’academy. La donna più elegante? Mia sorella Monica, aveva un abito Prada che portava con regalità».
Nel caso, si era preparato un discorso?
«No, lo ritengo non qualcosa di cattiva sorte ma di realismo, nella campagna per gli Oscar ho visto la traiettoria, le nostre potenzialità, e non mi
d Hollywood a differenza di ciò che pensano in tanti ha coraggio da 100 anni
sono adagiato in una forma di autoillusione. Così come mi era chiaro che avrebbe vinto Ivory, mi era chiaro che non avrei vinto altri premi, c’erano indicatori su altri film. Il mio preferito? Il filo nascosto, che secondo me con le sue 6 nomination aveva già trionfato: un progetto così sofisticato, con un’attrice ancora sconosciuta…».
L’emozione più forte?
«E’ bello vedere Guillermo Del Toro sul palco, uomo generoso, regista sublime».
In fondo i vostri due film dicono la stessa cosa: la libertà d’amare come si vuole.
«E’ stato un tema forte di quest’anno, anche Una mujer fantastica, Oscar come film straniero, fa parte dello stesso argomento, così come Coco, il film d’animazione, l’amore entro la famiglia che si deflette nello spazio e nel tempo in una dimensione terrena e ultraterrena».
Hollywood avrebbe il coraggio di raccontare una storia gay forte, coraggiosa come la sua?
«A differenza di ciò che pensano alcuni interpreti realisti, Hollywood ha la capacità di trasfigurare fatti e eventi del nostro tempo, ha coraggio da cent’anni, è il luogo del sogno in senso freudiano, non banale».
Il presentatore ha fatto una dedica ironica del suo film al vicepresidente USA Mike Pence.
«Ha detto che è un film fatto per lui, l’ultraconservatore Pence, quasi un religioso, dice che i gay vanno riprogrammati perché diventino eterosessuali, una figura cupa; se daranno l’impeachment a Trump per la questione russa, l’america finirebbe nelle mani di questo signore. Ma non ci pensiamo, oggi è giorno di abbracci e di festa».