Corriere della Sera

Faccia che ride

- di Massimo Gramellini

Uno dei misteri più intricati delle Idi di Renzi è il seguente: come avrà fatto il Pd a perdere pure la rossa Pesaro, nonostante schierasse un ministro popolare come Minniti e avesse contro un cinquestel­le espulso dal movimento che lo aveva candidato? I giovani democratic­i del luogo hanno azzardato una risposta su Facebook: «Rispetto a cinque anni fa abbiamo perduto 3888 voti, più o meno il numero dei decessi in città. Non è che gli elettori di sinistra non c’hanno votato, è che sono morti». Si spera abbiate sorriso. Perché tale era l’intento dei giovanotti: sottolinea­re con una goccia di umorismo nero che il partito che un giorno forse riceverann­o in eredità si rivolge soltanto ai vecchi elettori e rischia di morire un po’ alla volta con essi.

Invece di un dibattito sul decisivo argomento, in Rete si è alzato il solito tsunami di indignazio­ne e violenza verbale. La colpa dei ragazzi di Pesaro sarebbe di avere infranto le regole dei social, dove le battute vanno segnalate con una faccina che ride per distinguer­le, immagino, dalle bestialità (vasto programma). Ma i giovani del Pd hanno fieramente rivendicat­o il rifiuto di inserire immagini giulive in fondo alla frase. Sarebbe, hanno detto, «la morte della comicità». Sono completame­nte d’accordo a metà (faccina). La battuta seguita da un segno grafico è come un bacio preceduto dal cartello «smack». Sventurato il popolo che per capire quando qualcosa fa ridere ha bisogno che qualcun altro glielo dica.

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