Corriere della Sera

Di Maio: senza di noi non si parte A Pomigliano sale sul predellino

La festa del leader: «Non vogliamo forzare la mano Ma le coalizioni non hanno i numeri per governare»

- DAL NOSTRO INVIATO (Ansa)

«Giggino, sei uno di noi!». «Luigi non fate accordi!». «Mandateli a casa sti puorc». Luigi Di Maio torna a casa ed è un bagno di folla, un delirio di abbracci e di selfie, con il leader che sale anche sul predellino. La prima tappa è ad Acerra, la martoriata «terra dei fuochi» alla quale dedicò il primo emozionato discorso da vicepresid­ente della Camera. Tutto è cambiato da allora, la Campania ha tributato un trionfo ai 5 Stelle e Di Maio ha portato a casa una percentual­e bulgara di 64,7. Più tardi la festa è a Pomigliano d’arco, dove sale sul palco insieme ai 64 eletti campani: «Sentivo il bisogno di venirvi ad abbracciar­e subito, perché qui si è fatta la storia». Ma non è solo una festa, è anche un momento politico, con uno sguardo al Colle: «Inevitabil­mente siamo proiettati al governo, non solo perché siamo la prima forza, ma perché a differenza di altri che sono un movimento territoria­le, e pretendono l’incarico, noi rappresent­iamo tutto il Paese».

I numeri per governare da soli non ci sono, ma gli altri stanno peggio: «Le coalizioni non hanno i numeri per governare. Il centrodest­ra si è già Esultanza Luigi Di Maio, 31 anni, candidato premier del M5S, incontra gli attivisti durante la festa in piazza a Pomigliano d’arco sfaldato: Salvini vuole l’incarico, ma Berlusconi gli ha già detto: “Il leader sono io”. Non vogliamo forzare la mano ma rivendichi­amo il diritto di cominciare a risolvere subito i problemi degli italiani. Siamo aperti al dialogo con tutti, ma dovete venire a parlare con noi».

La strada più praticabil­e, sia pure in forte salita, è quella di un’intesa con il Pd. Ma le dimissioni dimezzate di Matteo Renzi hanno reso più accidentat­o il percorso. Di Maio mette sul tavolo una rosa di punti programmat­ici da condivider­e con chi ci starà. Perché la paura è di restare con il cerino in mano, senza neanche la possibilit­à di provarci. Per questo Di Maio, per la prima volta in modo così esplicito, chiede che l’incarico venga dato al Movimento e non alla Lega. Per fare cosa? Si vedrà, ma intanto Di Maio presenta i 5 Stelle come una forza al di sopra delle parti, che unisce: «Queste sono state le prime elezioni post ideologich­e. Noi siamo stati in grado di ricucire il Paese, eliminare le guerre tra poveri e metterci insieme: perché noi non siamo di destra né di sinistra, Vincenzo Spadafora, 43 anni, è stato eletto alla Camera (nel collegio uninominal­e di Casoria). Braccio destro di Di Maio, è stato garante per l’infanzia

Lorenzo Fioramonti, 40 anni, economista, insegna nell’università sudafrican­a di Pretoria. Eletto a Palazzo Madama, è ministro M5S in pectore anche se qualcuno prova a spingerci da una parte e dall’altra».

Di Maio riabbracci­a la sua Pomigliano, il paese in cui è cresciuto, dove lo accolgono una piazza piena di palloncini gialli, il padre Antonio (ex dirigente Msi), il fratello Giuseppe, ma anche il parroco don Peppino Gambardell­a che parla di «gioia immensa». La festa è nella piazza di un pomigliane­se doc, Giovanni Leone, che fu presidente del Consiglio (e poi capo dello Stato) qualche anno luce fa. Due mondi che più distanti non possono essere. Non è più tempo di Cassa del Mezzogiorn­o, di assistenzi­alismo, anche se, dice Di Maio riferendos­i al reddito di cittadinan­za, «sta venendo fuori una narrazione secondo la quale volete soldi senza far nulla. Ecco: voi ci avete sostenuto e loro vi trattano da miserabili. Quando invece rivendicat­e solo diritti».

Di Maio assapora la gioia del successo, che solo pochi anni fa era impensabil­e. Quando si candidò consiglier­e comunale a Pomigliano, prese 59 voti. Pochi anni prima, sognava di fare il poliziotto, studiava ingegneria informatic­a e giurisprud­enza, senza laurearsi, e girava documentar­i come «Il Commercio», dedicato ai piccoli commercian­ti. Ora, almeno nei cori, è il «Presidente». Carmine Mormile, di Arienzo, sventola la bandiera e snocciola il rosario delle illusioni: «Ho votato Berlinguer, Craxi, Di Pietro. Mi hanno deluso tutti, uno schifo. Ma Luigi è diverso». E Luigi ci prova: «Ve lo prometto: andremo al governo, perché ce lo meritiamo».

In piazza

La cittadina dove è cresciuto lo accoglie tra i palloncini gialli Il parroco: «Che gioia»

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