Corriere della Sera

Gentiloni rassicura i leader europei

Telefonate con Merkel e Macron. L’ipotesi del governo di scopo solo se non c’è alternativ­a

- M. Gu.

ROMA Tranquilli­zzare le cancelleri­e europee, garantire che l’esito del voto non mette in discussion­e la stabilità dell’italia. Con questo spirito Paolo Gentiloni ha sentito al telefono i principali leader politici e di governo della Ue, da Angela Merkel a Emmanuel Macron. «Un governo ci sarà» è il leitmotiv del presidente del Consiglio, convinto che la guida di Sergio Mattarella condurrà a una soluzione del rebus uscito dalle urne.

L’asse tra Palazzo Chigi e il Quirinale è più che mai solido. I collaborat­ori di Gentiloni parlano di «lealtà assoluta» nei confronti di Mattarella, soprattutt­o dopo le critiche di Renzi sulla scelta di non portare il Paese a elezioni nel 2017. Attorno al premier, «fortemente irritato» per i giudizi del rottamator­e sul suo governo, si è saldata un’area di dissenso verso il leader sconfitto che, da minoranza, lavora per diventare maggioranz­a nel Pd.

A margine del Consiglio dei ministri, ieri gli esponenti del governo si sono fermati a commentare l’«arroccamen­to» di Renzi al Nazareno e hanno registrato come una vittoria i primi effetti dell’assalto al bunker. «Matteo» potrebbe disertare la cruciale Direzione nazionale di lunedì e ha accettato che sia Maurizio Martina (e non lui) a tenere la relazione sulla débâcle. «Lo abbiamo cacciato» esultano nell’area di Andrea Orlando, dove la richiesta è un comitato di reggenza che traghetti il partito al congresso e dove la speranza di ricostruir­e il Pd si chiama Nicola Zingaretti.

Tra i ministri che più stanno pressando Renzi per convincerl­o a rendere effettive da subito le dimissioni c’è Graziano Delrio. Il responsabi­le delle Infrastrut­ture ha visto il segretario alle 9 e il chiariment­o, raccontano, è stato piuttosto franco. «Se vuoi lavorare per ricostruir­e il rapporto con la nostra gente devi mettere in atto un percorso chiaro e senza equivoci verso il congresso», ha insistito Delrio, la cui preoccupaz­ione più grande è «lo strappo con gli elettori». Ma il Pd, ha avvertito il ministro che teme spaccature irreparabi­li, «deve restare unito».

Da Dario Franceschi­ni a Luigi Zanda, da Anna Finocchiar­o a Marco Minniti, nessuno vuole fare un governo con i Cinque Stelle. Ma se Mattarella non troverà altra via d’uscita che un governo di scopo, limitato nel tempo e con (pochi) obiettivi chiari, per senso di responsabi­lità il blocco che guarda a Gentiloni non potrà sottrarsi. Diversa la posizione dei renziani. «Il nodo politico — per il presidente Matteo Orfini — è opposizion­e sì, opposizion­e no. Noi con i Cinque Stelle non ci stiamo, nemmeno in un governo di scopo». Se vuole sedersi al tavolo delle trattative, il fronte governativ­o deve prima liberarsi di Renzi.

I pontieri sono al lavoro. Ma poiché gli oppositori interni non si fidano del condottier­o disarciona­to, si preparano alla guerra in direzione. Prima del voto i numeri nel «parlamenti­no» e nei gruppi parlamenta­ri erano dalla parte di Renzi. Dopo l’offensiva dei ministri, gli equilibri potrebbero cambiare.

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Il profilo Paolo Gentiloni, 63 anni, deputato dal 2001, ministro delle Comunicazi­oni nel Prodi II e degli Affari esteri con Renzi, è premier dal 12 dicembre 2016

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