«La pittrice uccisa dall’ex e dal figlio per gli assegni di mantenimento»
Macerata, la donna scomparsa il 9 ottobre. I pm: «Strangolata o avvelenata»
MACERATA Strangolata o avvelenata, poi chiusa nel bagagliaio dell’auto in buste della spazzatura sigillate con nastro isolante e ricoperta da scatoloni e, dopo due giorni, abbandonata nelle campagne di Tolentino, vicino a Macerata. Così Giuseppe Santoleri, 67 anni, e il figlio Simone, di 43, avrebbero ucciso e occultato il cadavere di Renata «Reny» Rapposelli, 64 anni.
È quanto si legge nell’ordinanza del gip Carlo Cimini che ha portato all’arresto dell’ex marito e del figlio della pittrice di Ancona scomparsa a Giulianova il 9 ottobre e trovata cadavere sulla riva del Chienti il 10 novembre.
I carabinieri li hanno prelevati nella loro abitazione di Giulianova ieri mattina alle sei. «Che fate? State commettendo un errore», ha detto Simone prima di essere accompagnato, assieme al padre, nel carcere di Castrogno a Teramo. Domani saranno interrogati dal gip Roberto Veneziano. L’accusa è di concorso in omicidio volontario aggravato e sottrazione di cadavere.
Non una prova unica, ma una serie di indizi «gravi, precisi e concordanti» hanno portato alla svolta insieme alle tante contraddizioni in cui i due sarebbero caduti. Tra questi il «falso viaggio» a Loreto che il padre, alle ore 14 del 9 ottobre, il giorno della sparizione, avrebbe intrapreso per riportare la donna nelle Marche dopo la visita a Giulianova.
A smentirlo non c’è solo la testimonianza della farmacista di Tortoreto, che ha venduto un calmante a Renata nel pomeriggio (quando lei avrebbe dovuto già trovarsi a Loreto), ma anche il racconto di un’istruttrice della palestra sotto all’appartamento dei Santoleri, che ha riferito di aver sentito Simone inveire contro qualcuno al piano di sopra intorno alle 16.30. «Sei una figlia di pu... sei una tr… dopo tanti anni vieni a riprenderti quello che hai lasciato…». Il litigio, secondo il gip sarebbe frutto dell’astio «nutrito da Simone nei confronti della madre, con radici remote, da far risalire all’età adolescente».
Ma a minare il rapporto con la donna c’erano anche questioni economiche «esplose a giugno 2017», momento in cui sulla pensione di Giuseppe venne applicata una trattenuta di 200 euro a favore di Renata, a titolo di mantenimento per via della separazione. Soldi che non sempre il marito le corrispondeva, tanto da portare l’ex moglie a chiedere arretrati per circa 3.000 euro.
Poi c’è l’ultimo segnale dal cellulare di Renata, che aggancia la cella di Giulianova alle 15.39 del 9 ottobre. E un’intercettazione ambientale registrata mentre Simone e Giuseppe ripercorrono la strada per Loreto sull’auto dei carabinieri. «Basta che ti ricordi dove siamo stati», dice il figlio al padre, facendo capire che a Loreto ci sono andati dopo il delitto e solo per riferire una località di comodo.
Da non trascurare, infine, l’inesistenza di tracce del passaggio della Fiat 600 il 9 ottobre a Porto Sant’elpidio, mentre invece, tra le 11.15 e le 11.43 del 12 ottobre, alcune telecamere, nella stessa località, inquadrano il bagagliaio della stessa auto «dalla quale emerge la presenza di un carico ingombrante».
I legali dei Santoleri annunciano battaglia. «L’ordinanza del gip fa acqua: non ci sono prove che sia stata uccisa nell’appartamento, che sia stata trasportata in auto e che ci sia rimasta due giorni. Niente Dna e tracce ematiche a casa e nella Fiat 600, inoltre mancano i risultati degli accertamenti medico legali». Nell’ordinanza si parla anche di un vecchio episodio riferito da Renata alla figlia, secondo cui Simone le avrebbe messo veleno per topi nella minestra.
L’ultimo litigio L’ultimo scontro col figlio che «nutriva astio verso la madre sin dall’adolescenza»