Martire per le sue battaglie Romero sarà presto santo
Sarà presto santo monsignor Óscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador che difendeva i poveri e denunciava l’orrore delle migliaia di desaparecidos trucidati dagli squadroni della morte. Un sicario lo uccise con un colpo di fucile al collo, il 24 marzo 1980, mentre levava il calice dell’eucarestia all’altare della cappella nell’ospedale della Divina Provvidenza. Dal suo Paese è filtrata ieri
Religioso L’arcivescovo salvadoregno Óscar Romero: venne assassinato nel 1980
la voce — rilanciata dal blog vaticano «il Sismografo» — che papa Francesco canonizzerà monsignor Romero assieme a Paolo VI, durante il Sinodo dei vescovi di ottobre, domenica 21. La notizia trova conferma ufficiosa Oltretevere, anche se bisognerà attendere che il Papa convochi il concistoro. Poche settimane fa, si spiega, la Congregazione per le cause dei santi ha riconosciuto il miracolo «per intercessione» del vescovo, l’ultimo passo: una donna in gravidanza di El Salvador rischiava di perdere il bambino e morire per una «gravissima complicazione»; amici e familiari hanno pregato Romero per lei, il bambino è nato, la donna sta bene, i medici della Congregazione hanno stabilito che «allo stato delle conoscenze scientifiche» l’esito positivo non è spiegabile, cardinali e vescovi hanno riconosciuto il miracolo. Monsignor Romero è stato proclamato beato nel 2015. La Chiesa ne ha riconosciuto il martirio «in odium fidei», in odio alla fede. Non è stato facile. In tutto questo tempo non erano mancate resistenze nella Curia e nei settori più conservatori dell’episcopato latinoamericano, l’opposizione sorda di chi considerava Romero un «sovversivo». Era stato Benedetto XVI ad affermare finalmente che la figura di Romero era «degna di beatificazione». Con Bergoglio la causa si è sbloccata. Romero fu martire anche dopo il suo assassinio, aveva spiegato Francesco: «Venne diffamato, calunniato, infangato; il suo martirio continuò anche per mano dei suoi fratelli nel sacerdozio e nell’episcopato».