Corriere della Sera

«Avevo paura di perdere il posto Ho sopportato per otto anni»

- @elvira_serra Elvira Serra

Tutte donne. Tre farmaciste, una magazzinie­ra, la signora della cosmetica, le tirocinant­i, la sorella del titolare. E poi lui, il capo. «Ho cominciato a lavorare con loro nel 2003, avevo 26 anni. Ero felice. Mi sentivo fortunata, impiego a tempo indetermin­ato, di questi tempi...». Mentre ce lo racconta per telefono è lucida. Non tentenna, non ha più paura. «Ho notato subito un interesse del titolare nei miei confronti, pensavo fosse una simpatia, nessun allarme. La prima volta che mi ha tirato una pacca sul sedere gli ho chiesto se fosse pazzo. Mi ha risposto ridendo: qui siamo una grande famiglia. Due mesi dopo, quando lo ha rifatto, sono andata da una collega più grande di me che mi ha gelato: sapessi quante volte anche a noi tocca tette e culo, è un gioco, non te la prendere. Ho pensato che erano tutti pazzi».

Arianna (il nome è di fantasia) aspetta. Vive nel Sud della Sardegna, sa cosa vuol dire essere disoccupat­i, e non solo alla sua età. Vorrebbe parlarne in casa, ma si vergogna. Accenna a un po’ di malcontent­o con il padre, ma lui non capisce, anche perché non sa: sei sempre tu, la liquida, su un lavoro così non bisogna sputarci sopra. Decide di resistere. Resisterà per quasi otto anni.

«Quando il titolare decise di chiamare la sua iguana con il mio nome la presi male. Anche lì le colleghe smorzarono: ma è un compliment­o, ti vuole bene, stai tranquilla! Io non stavo tranquilla, anche perché era passato a proposte esplicite: se mi sentiva parlare di un telefonino nuovo mi diceva che me lo avrebbe comprato se fossi andata a cena con lui; mi prometteva gioielli, arrivò a propormi un assegno in bianco. Io replicavo: guarda che potresti essere mio padre; e lui sprezzante: guarda che sono stato con donne molto più giovani di te».

Poi Arianna conosce quello che sarebbe diventato suo marito. «Lo prese come una sconfitta personale e cominciò a maltrattar­mi e insultarmi davanti ai clienti. Mi chiamava capra, urlava se lasciavo la bottigliet­ta d’acqua in vista, tentò di baciarmi, mi palpò. Nel 2010 il mio compagno mi diede la forza che mi mancava: se vuoi smettere, io sono con te. Diedi le dimissioni e aprii una parafarmac­ia in un altro paese».

Due anni dopo Arianna è serena, realizzata, si è sposata, ha un figlio. Un giorno la va a trovare la magazzinie­ra. Si sfoga: «Non ne posso più, mi costringe a lavargli la macchina, continua a palpeggiar­mi, lo denuncio». Arianna adesso sa cosa fare: «Se lo denunci tu lo faccio anch’io». Insieme vanno dai carabinier­i.

Tramite una cliente Arianna incontra l’avvocato Ignazio Ballai. Si affida a lui, la prima udienza è nel dicembre del 2014, la sentenza della Prima sezione penale del Tribunale di Cagliari arriva tre anni dopo. Il farmacista viene condannato a sette anni di reclusione per maltrattam­enti e violenza sessuale. Ha già fatto ricorso.

«Non è stato sempre facile. In aula due farmaciste hanno negato tutto, solo la tirocinant­e ha confermato. E la sorella del titolare ha testimonia­to a nostro favore», ricorda Arianna. «Il giorno della sentenza ero felicissim­a, non ero andata in tribunale perché temevo un nuovo rinvio, ci sarei rimasta male. Quando mi ha chiamato l’avvocato ho pianto, ho provato un grandissim­o senso di liberazion­e». Dopo che l’unione Sarda ha pubblicato la notizia della sentenza sono arrivati gli insulti social. Il messaggio di fondo era: la vittima è lui, voi ne avete approfitta­to. «Il nostro legale si è rivolto alla polizia postale e così hanno smesso. Ma per loro cosa avrei dovuto fare: lasciar correre? No. Ora ne è convinto anche mio padre».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy