IL VOTO È MOBILE IL CASO VALLE D’AOSTA
Caro Cazzullo, guardando le cartine dell’italia colorate con le maggioranze 5 Stelle e centrodestra, mi sono ricordato altre cartine relative al referendum istituzionale monarchiarepubblica del 2 giugno 1946. Dove oggi si vota a destra, allora si votò repubblica; dove oggi si vota 5 Stelle, si votò monarchia.
Onestamente non vedo il nesso che lei individua. Sovrapponendo le mappe elettorali della storia d’italia si scoprono coincidenze più significative. Ad esempio il Pd di Veltroni prese nel 2008 gli stessi voti del Pci di Berlinguer, e negli stessi posti: l’italia centrale e le città industriali del Nord, con qualche voto operaio in meno in Lombardia e qualche voto impiegatizio in più a Roma e Napoli. Ma meccanismi antichi di decenni sono ora completamente saltati. Un tempo occorrevano anni per spostare lo 0,5% da un partito all’altro; ora l’elettorato si è messo in moto. A lungo gli italiani hanno votato nello stesso modo; ora cambiano con una velocità impressionante.
Il Pd di Renzi prese oltre undici milioni di voti alle Europee di quattro anni fa; stavolta ne ha presi sei milioni. La Lega è passata dal 4% delle ultime politiche a quasi il 18. Il Paese politicamente più immobile al mondo (insieme con il Giappone) è diventato il più volatile. Consideri il caso Valle d’aosta, passata dall’union Valdôtaine ai Cinque Stelle. La regione più ricca e felice d’italia ha premiato il movimento di protesta antisistema (non basta mandare una mail al capo dello Stato con la lista dei ministri per parlare di svolta istituzionale, semmai è un’ulteriore mancanza di rispetto per la Costituzione). Questo è accaduto perché i soldi pubblici cominciano a scarseggiare pure nelle Regioni autonome; infatti moltissimi giovani valdostani sono senza lavoro. Cinque ex presidenti di Regione sono finiti agli arresti. Inoltre il partito autonomista si è diviso. Tutto questo ha propiziato una svolta storica. Ed è segno di quanto siano profondi l’impoverimento e lo scontento nel Paese. Governare in tempo di crisi non porta bene. La fortuna di un leader dura sei mesi: è successo a Monti, a Letta, a Renzi, a Gentiloni; seguono noia, assuefazione, rigetto, agonia. Ora un terzo degli elettori italiani vuole provare i Cinque Stelle. Vedremo se riusciranno a fare un governo, e quanto dureranno.