Corriere della Sera

Governance e vertici, le mosse del socio Usa per la public company

- di Federico De Rosa

Il fondo Elliott prende posizione in Tim e si prepara a lanciare la sfida a Vivendi per cercare di cambiare l’attuale assetto della società controllat­a dal gruppo media francese. Il fondo Usa si è mosso sul mercato senza dare nell’occhio, mettendo insieme nelle scorse settimane opzioni e altri strumenti convertibi­li in azioni ordinarie e di risparmio Tim per una quota vicina al 3% del capitale, che potrebbe salire a breve fino al 5%. È la soglia necessaria per poter chiedere integrazio­ni all’ordine del giorno dell’assemblea del gruppo in programma il prossimo 24 aprile, quando Elliott vorrebbe tentare il ribaltone. Anche se Vivendi ha il 24,8% di Tim, una sfida in assemblea potrebbe avere un esito tutt’altro che scontato. Il capitale in mano ai fondi, italiani e internazio­nali, è pari a circa il 60% e all’assemblea di un anno fa in cui si rinnovava il board, Vivendi ha vinto con uno scarto dello 0,7% sui fondi, mentre due anni prima, sempre sulle nomine, la lista di maggioranz­a presentata da Telco, allora azionista di riferiment­o, raccolse meno voti di quella presentata da Assogestio­ni.

Per cambiare le sorti di Tim, Elliott ha studiato un piano piuttosto articolato che riguardere­bbe sia la governance sia la strategia industrial­e del gruppo telefonico. Il modello a cui si ispira è quello della public company, unica via secondo il fondo Usa per rilanciare Tim eliminando i conflitti in cui è caduta Vivendi — con le istituzion­i, le Authority ma anche all’interno della stessa società telefonica — che hanno finito per rallentare l’attività del gruppo telefonico e penalizzar­e il titolo in Borsa. Quando nel 2015 Vivendi aveva effettuato i primi acquisti, Tim valeva circa 1,10-1,15 euro. Ieri con un balzo di quasi il 6% ha raggiunto 0,77 euro.

Il primo passaggio del piano di Elliott riguarda l’assemblea. Una volta inviate le comunicazi­oni di rito, partirà una raccolta di deleghe per tentare il ricambio in consiglio. Che avverrebbe non con una revoca ma una richiesta di integrazio­ne per fare entrare manager già sondati dal fondo Usa nelle scorse settimane, creando così un board indipenden­te da Vivendi, presuppost­o necessario per realizzare la public company. Per rendere l’operazione «market friendly» Elliott avrebbe studiato anche una proposta di conversion­e delle azioni Tim di risparmio in ordinarie.

Nel piano di Singer sarebbe prevista la societariz­zazione della rete di Tim, includendo Sparkle, con l’obiettivo di cederla. Non sul mercato. Trattandos­i di una infrastrut­tura strategica per l’italia, si tratterebb­e con tutta probabilit­à del primo passo per una nazionaliz­zazione.

Il modello del rilancio Secondo Elliott il modello ideale per rilanciare Tim è quello della public company

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