Governance e vertici, le mosse del socio Usa per la public company
Il fondo Elliott prende posizione in Tim e si prepara a lanciare la sfida a Vivendi per cercare di cambiare l’attuale assetto della società controllata dal gruppo media francese. Il fondo Usa si è mosso sul mercato senza dare nell’occhio, mettendo insieme nelle scorse settimane opzioni e altri strumenti convertibili in azioni ordinarie e di risparmio Tim per una quota vicina al 3% del capitale, che potrebbe salire a breve fino al 5%. È la soglia necessaria per poter chiedere integrazioni all’ordine del giorno dell’assemblea del gruppo in programma il prossimo 24 aprile, quando Elliott vorrebbe tentare il ribaltone. Anche se Vivendi ha il 24,8% di Tim, una sfida in assemblea potrebbe avere un esito tutt’altro che scontato. Il capitale in mano ai fondi, italiani e internazionali, è pari a circa il 60% e all’assemblea di un anno fa in cui si rinnovava il board, Vivendi ha vinto con uno scarto dello 0,7% sui fondi, mentre due anni prima, sempre sulle nomine, la lista di maggioranza presentata da Telco, allora azionista di riferimento, raccolse meno voti di quella presentata da Assogestioni.
Per cambiare le sorti di Tim, Elliott ha studiato un piano piuttosto articolato che riguarderebbe sia la governance sia la strategia industriale del gruppo telefonico. Il modello a cui si ispira è quello della public company, unica via secondo il fondo Usa per rilanciare Tim eliminando i conflitti in cui è caduta Vivendi — con le istituzioni, le Authority ma anche all’interno della stessa società telefonica — che hanno finito per rallentare l’attività del gruppo telefonico e penalizzare il titolo in Borsa. Quando nel 2015 Vivendi aveva effettuato i primi acquisti, Tim valeva circa 1,10-1,15 euro. Ieri con un balzo di quasi il 6% ha raggiunto 0,77 euro.
Il primo passaggio del piano di Elliott riguarda l’assemblea. Una volta inviate le comunicazioni di rito, partirà una raccolta di deleghe per tentare il ricambio in consiglio. Che avverrebbe non con una revoca ma una richiesta di integrazione per fare entrare manager già sondati dal fondo Usa nelle scorse settimane, creando così un board indipendente da Vivendi, presupposto necessario per realizzare la public company. Per rendere l’operazione «market friendly» Elliott avrebbe studiato anche una proposta di conversione delle azioni Tim di risparmio in ordinarie.
Nel piano di Singer sarebbe prevista la societarizzazione della rete di Tim, includendo Sparkle, con l’obiettivo di cederla. Non sul mercato. Trattandosi di una infrastruttura strategica per l’italia, si tratterebbe con tutta probabilità del primo passo per una nazionalizzazione.
Il modello del rilancio Secondo Elliott il modello ideale per rilanciare Tim è quello della public company