Corriere della Sera

È un esame importante anche per il nostro calcio

- Di Mario Sconcerti

Èuna partita difficile perché non conosciamo la Juve di questi mesi. Non sappiamo quanto siano organiche le sue difficoltà a giocare meglio. Il Tottenham è una buona squadra con un attaccante importante, Kane, il resto è qualcosa che ne fa la quinta squadra inglese contro la potenziale prima del campionato italiano. Avesse pareggiato a Torino giocando benissimo la Juve sarebbe sfavorita, ma non ha giocato bene, si è fermata. Nel calcio c’è un’unica regola universale che vale una differenza di gioco, è la velocità con cui fai girare il pallone. A Torino, in molte altre partite, la Juve non ha quella velocità di scambi. Questo la normalizza e la mette in mano ai suoi campioni. Il problema è che anche gli altri hanno qualche campione. Faccio un esempio: la Lazio non ha perso solo per la prodezza di Dybala, questa è stata la colpa finale perché Dybala gioca comunque nella Juve e te lo devi aspettare. La Lazio ha perso perché non ha più la velocità di gioco che aveva un mese fa. Senza ritmo i giocatori tendono ad assomiglia­rsi, chiunque siano e in qualunque squadra. La domanda diventa allora, perché la Juve ha perso ritmo? Perché vuole controllar­e tutto quello che accade sul campo. Mentre il calcio, come la vita, è in mano a un sano principio di indetermin­azione: più controlli, meno giochi, meno pensi. E se pensi per controllar­e non cerchi rischi. Per questo nessuno gioca più in modo verticale, perché lo spazio profondo è un’incognita, sfugge al controllo. Così la differenza cade in mano a chi ha più forza. Tutti giocano bene contro la Juve perché hanno il massimo di motivazion­i e basta un po’ di geometria per stare a galla. Quasi tutti perdono perché quella geometria è prima o poi interrotta da un’impresa individual­e. Non credo che stasera avverrà qualcosa di diverso. Il Tottenham dovrebbe interrompe­re la nebbia umida della Juve, non è per niente facile. E la Juve ha più singoli per lo spazio che resterà. Dovesse andare diversamen­te, dovremmo discutere non della Juve, ma di tutto il nostro calcio.

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