«L’isola dei famosi» e le cronache beffarde della Gialappa
C’ è un solo modo di vedere «L’isola dei famosi»: seguire le croniche epifaniche dei Gialappi, sottoporre al sarcasmo i personaggi, le beghe, le avventure, i pianti, scalzare dal suo appoggio ogni realtà, ogni finzione. Quest’anno è successo di tutto: nomination pilotate (chissà), accuse di omofobia, le solite sceneggiate, i personaggi che rientrano in gioco, ma soprattutto il «canna-gate», come pomposamente è stato battezzato il caso più clamoroso scoppiato sull’isola. Eva Henger, infatti, ha accusato l’ex tronista Francesco Monte di aver fumato delle canne nella villa che ha ospitato i concorrenti prima dello sbarco a Cayo Cochinos. L’uso di droga in Honduras comporta la prigione.
Il «canna-gate» è subito deflagrato, mostrando in maniera imbarazzante la debolezza della casa di produzione, Magnolia, che non ha saputo gestire l’affaire. È rimbalzato su altri programmi di Canale 5, da «Pomeriggio Cinque», a «Domenica Live», a «Striscia la notizia», implacabile come sempre nel denunciare i naufraghi rei di aver fumato. Interviste, testimonianze, intercettazioni e macchine della verità hanno fatto il resto, mettendo in crisi l’immagine di Canale 5, il cui direttore non è stato in grado di governare i suoi programmi, l’un contro l’altro armato.
Con i Gialappi, i protagonisti dell’«isola dei fumosi» cominciano a vagare in una vorticosa corrente senza senso, subendo ogni oltraggio, ogni combinazione. Non abbiamo bisogno di chiederci cosa sia vero o cosa sia finto: tutto è indistinto. L’isola viene avvolta dal manto venefico della beffa: nulla è più ciò che dichiara di essere.
Il compito della parodia è quello di rovesciare i termini, rendere cioè sbilenco il dritto, slabbrato il compatto, banale il grave: solo in questo modo l’isola va letteralmente in fumo. Come suggerisce il saggio, ogni isola attende impaziente di inabissarsi.