Corriere della Sera

Patto anti Macron di otto Paesi: serve più rigore

Il fronte è guidato dall’olanda

- di Paolo Valentino

Un gruppo di otto Paesi della Ue, guidati dall’olanda, ha lanciato un severo messaggio di avvertimen­to a Francia e Germania e alle loro ambizioni di rilancio dell’integrazio­ne comunitari­a. Firmato, oltre che dall’aia, da Svezia, Finlandia, Danimarca, Irlanda e i tre Paesi baltici, il patto è un autentico manifesto anti Macron. E chiede il no all’unione dei trasferime­nti, il no al bilancio comune dell’eurozona e tantomeno a un ministro delle Finanze, il rispetto inflessibi­le del fiscal compact, e nessun nuovo trasferime­nto di sovranità e competenze a Bruxelles. In pratica ancora più rigore nelle politiche economiche.

Da quando è stato eletto presidente del Bundestag, Wolfgang Schaeuble non è più il ministro delle Finanze tedesco e l’arcigno guardiano del rispetto delle regole e del rigore nell’eurozona. Ma i suoi nipotini sono più che mai attivi e continuano a difendere la causa dell’austerità.

Guidati dall’olanda, un gruppo di otto Paesi della Ue ha messo nero su bianco come vedono loro il futuro dell’area Euro, lanciando un severo messaggio di avvertimen­to a Francia e Germania e alle loro ambizioni di rilancio dell’integrazio­ne comunitari­a. Firmato, oltre che dall’aia, da Svezia, Finlandia, Danimarca, Irlanda e i tre Paesi baltici, il non-paper reso noto martedì a Bruxelles è un autentico manifesto anti-macron, che disegna gli schieramen­ti di battaglia dei prossimi mesi e anni nella Ue.

Le linee del Piave sono quelle note: no all’unione dei trasferime­nti, no al bilancio comune dell’eurozona e tantomeno a un ministro delle Finanze, rispetto inflessibi­le del fiscal compact, nessun nuovo trasferime­nto di sovranità e competenze a Bruxelles. Le uniche riforme accettabil­i: l’unione bancaria e, un giorno quella dei mercati finanziari; la trasformaz­ione del Mes, il meccanismo europeo di stabilità in un Fondo monetario europeo, ma con «poteri decisional­i saldamente nelle mani degli Stati nazionali». Nulla di più.

Non poteva essere più chiaro il messaggio a Parigi e a Berlino, che con la fine della lunga paralisi politica in Germania ora sognano di far ripartire il motore franco-tedesco

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Il manifesto: no all’unione dei trasferime­nti, no al bilancio comune dell’eurozona e a un ministro delle Finanze unico, rispetto inflessibi­le del fiscal compact

Il gruppo dei ribelli Oltre all’olanda, ci sono Irlanda, Svezia, Danimarca, Finlandia e i Paesi Baltici

per far avanzare un ambizioso piano di riforme in Europa: non potete decidere da soli il futuro della Ue e dovrete misurarvi con un fronte agguerrito contrario al mantra del «più Europa» professato da Macron. La prevedibil­e assenza italiana dei prossimi mesi priva fra l’altro Francia e Germania di un sostegno importante. Ed è una interessan­te torsione che il gruppo degli otto rivendichi di fatto l’eredità intellettu­ale e politica di Schaeuble in Europa, ora che Angela Merkel sta per andare all’abbraccio di una Grosse Koalition con la Spd, spostando la Germania su posizioni più integrazio­niste e comunitari­e. Vedendo messa in pericolo la linea dell’austerità dal patto di governo di Berlino, i nuovi Jedi del Nord indossano il mantello del vecchio maestro Yoda-schaeuble.

Tant’è. Sono gli olandesi a guidare un drappello, che potrebbe trovare altre adesioni. E’ stato il ministro delle Finanze dell’aia, Wopke Hoekstra, a fare la prima stesura del documento, con la piena autorizzaz­ione del primo ministro Mark Rutte, da mesi alla ricerca di alleati per consolidar­e un fronte antimacron. Orfana dell’anima gemella del Regno Unito, dietro cui per anni ha potuto mascherare le sue riserve euroscetti­che, l’olanda ci mette ora la faccia e prende la leadership dei paladini dell’ortodossia monetaria.

Che Rutte voglia giocare una partita di alto profilo, lo dimostra il discorso di venerdì proprio qui a Berlino, nel quale ha respinto ogni approccio idealista all’europa, esprimendo­si in favore di una Ue pragmatica, discreta e fedele alle sue regole attuali, dove l’ultima parola spetterà sempre agli Stati nazionali e non a Bruxelles. L’esatto contrario di quello che invocano Macron e Jean Claude Juncker. Di più, smentendo di fatto la firma apposta alla Dichiarazi­one di Roma un anno fa in Campidogli­o, Mark Rutte dice senza perifrasi che «l’unione sempre più stretta» non deve essere l’obiettivo e soprattutt­o non bisogna mai cercare di diluire a livello europeo le debolezze di un Paese.

La metafora del primo ministro? Se l’olanda non si è qualificat­a per i Mondiali di Russia, non significa che alla prossima Coppa del Mondo dobbiamo inviare una nazionale europea: «Ce la faremo da soli». Buona fortuna.

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