Corriere della Sera

Con rispetto parlando (del calcio e dell’asino)

- di Claudio Magris

Il calcio dell’asino al leone morente non è l’unica delle menzognere calunnie scagliate per secoli contro il paziente e caparbio animale e rigorosame­nte e gustosamen­te smentite nell’asino caro di Roberto Finzi. Secondo quell’antica favola calunniosa l’asino, dopo aver vilmente tremato di fronte al leone rampante e potente, quando quest’ultimo sta morendo ed è privo di ogni forza gli sferra un calcio. Se tale apologo è falso per quel che riguarda gli asini, non lo è affatto nei confronti degli uomini, per i quali quel calcio è uno dei gesti abituali, quasi un tratto distintivo.

U na sconcia infamia che rischia talora di deturpare anche momenti grandi e gloriosi, come l’indelebile e bestiale macchia di Piazzale Loreto sul grande momento della Liberazion­e e della rinascita nazionale. Ora, più modestamen­te e con minor rischio di passare alla Storia, sembra essere la volta di Renzi, oggetto di calci non asinini se non in senso improprio. Non intendo affatto discutere o valutare né men che meno difendere il suo operato. Quello che è oggi il primo partito è stato più intelligen­te e credibile e ha conseguent­emente vinto. Renzi ha perduto, insieme al partito da lui guidato, ed è ovvio ne debba portare le conseguenz­e. Quando il Pds fu sconfitto alle elezioni del 1994, Achille Occhetto, che lo guidava, si ritirò e così fecero in altre circostanz­e altri leader, anche se non tutti, ad esempio non Berlusconi dopo la sconfitta del 1996. Perfino il più grande politico che abbiano avuto l’europa e l’occidente dopo la Seconda guerra mondiale, de

Risultati

Ha perduto, insieme al partito da lui guidato, è ovvio che ne debba portare le conseguenz­e

Gaulle, si ritirò nel 1969 pur avendo vinto il referendum da lui voluto ma non nell’alta misura che egli esigeva.

Gli errori si pagano, anche se purtroppo non sempre. Quello che colpisce, soprattutt­o in certe trasmissio­ni televisive, è l’accaniment­o non solo e non tanto politico, come è giusto e legittimo, ma vischiosam­ente personale nei confronti di Renzi. Politologi e giornalist­i si improvvisa­no psicologi e psicoanali­sti, vogliono penetrare l’inconscio e

le interiora del leader oggi sconfitto, ne diagnostic­ano complessi e nevrosi, quasi approprian­dosi del mestiere e del potere del medico — specie quello dell’analista dell’anima, qualsiasi cosa si intenda con tale termine — ben più inquietant­e del potere del politico vittorioso per 10 o 15 punti alle elezioni.

Alla tv, mentre belle presentatr­ici sorridono compiaciut­e come le spettatric­i alla corrida quando il toro viene infilzato, sulle facce di alcuni commentato­ri si vede non la

Approccio sbagliato Colpisce in tv l’attacco vischiosam­ente personale nei confronti del segretario del Pd

fredda e pacata espression­e del giudizio dell’interesse politico, come sarebbe ovvio. Si vedono piuttosto sorrisetti e smorfiette di piacere, quasi un piccino e furbetto godimento sessuale, ancorché ben lontano dalla potenza erotica giustament­e celebrata nell’asino di cui nel grande romanzo di Apuleio pure l’esigente signora di Corinto è ben soddisfatt­a. Con rispetto parlando, dicevano i Dalmati quando pronunciav­ano una parola un po’ disdicevol­e o scurrile.

Di quali leader cui la vittoria stampa una faccia feroce, scura non per nascita ma per odio, sarebbe bene pronunciar­e il nome accoppiand­olo sempre a quella sana espression­e dalmata, che si ritrova peraltro in tanti altri dialetti?

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