Le spie, il Cremlino e il veleno La vedova Litvinenko accusa
La polizia britannica avanza nell’inchiesta. Il tipo di sostanza usata aumenta i sospetti sul Cremlino
«Come il mio Sasha, ma ora tutti sanno che dietro c’è Mosca». Marina, la vedova dell’ex agente del Kgb Aleksandr Litvinenko avvelenato e ucciso con il polonio, assiste sgomenta al dramma di un’altra spia del Kgb, Sergej Skripal, avvelenato in Inghilterra assieme alla figlia Yulia con il gas nervino.
LONDRA È stato il nervino a ridurre in fin di vita l’ex agente segreto russo Sergej Skripal e sua figlia Yulia: una sostanza chimica altamente tossica che provoca il blocco della respirazione e l’arresto cardiaco. Il veleno può essere assorbito attraverso la bocca o il naso, ma anche con il contatto della pelle o degli occhi. Pure uno degli agenti che per primo ha soccorso la coppia, a Salisbury, è ancora ricoverato in gravi condizioni, mentre altri due sono stati dimessi dopo che avevano accusato irritazioni agli occhi e difficoltà a respirare.
Scotland Yard non è entrata nei dettagli dell’avvelenamento dell’ex spia di Mosca: ma quanto rivelato è sufficiente a restringere il raggio dei sospetti. Perché il nervino non è una sostanza che bande criminali, e neppure gruppi terroristici, possono procurarsi con facilità: si tratta di qualcosa normalmente prodotto in laboratori specialistici sotto lo stretto controllo dei governi. E a questo punto diventa strettissima l’analogia col caso di Aleksandr Litvinenko, l’ex agente del Kgb ucciso a Londra nel 2006 con una dose di polonio radioattivo: materiale anche questo a disposizione solo degli Stati.
Nell’affare Litvinenko un’inchiesta pubblica aveva concluso che si era trattato di un delitto compiuto dai servizi segreti russi, probabilmente con l’approvazione diretta di Vladimir Putin. E ora le circostanze dell’avvelenamento di Skripal puntano nella stessa direzione.
Ma perché il Cremlino avrebbe dovuto colpire un ex agente, che dopo essere stato condannato a Mosca per tradimento era stato scambiato nel 2010 con un gruppo di spie catturate dagli occidentali e che da allora aveva condotto vita ritirata in Gran Bretagna?
Innanzitutto, ieri è riemersa un’intervista di Putin di quel periodo, nella quale il leader russo promette ai traditori che «tireranno le cuoia e si strozzeranno con i loro trenta denari»: lugubre minaccia e allusione ai dollari che i servizi occidentali avrebbero versato a Skripal in cambio di informazioni riservate.
Ma probabilmente non è tutto. In primo luogo, è possibile che l’agente avvelenato avesse continuato la sua collaborazione con i servizi britannici e che dunque si volesse metterlo a tacere per sempre. Secondo i russi, già in passato Skripal aveva rivelato l’identità di numerosi agenti di Mosca attivi in Occidente.
In secondo luogo, questa azione spettacolare potrebbe essere un monito a chiunque pensasse di passare dalla parte degli occidentali. Americani e britannici sono infatti molto attivi in Russia nel tentativo di reclutare informatori a suon di dollari: l’avvelenamento di Skripal potrebbe servire da deterrente verso i giovani ufficiali russi tentati di fare il doppio gioco. Più volte le autorità di Mosca hanno avvertito che i traditori, in un modo o in un altro, faranno una brutta fine.
In diversi casi, nel recente passato, personaggi russi sono stati uccisi all’estero perché coinvolti in guerre di mafia. Ma il caso Skripal appare sempre più come un affare di servizi segreti: e considerate le conseguenze politiche che ci furono dopo la morte di Litvinenko, è difficile pensare che non ci sia stato un via libera ad alto livello.
Le ipotesi
L’agente continuava a collaborare con l’occidente o la sua morte serviva da monito?