Corriere della Sera

Renzi, ecco la lettera di dimissioni La guida del partito va a Martina

L’addio sarà formalizza­to lunedì alla direzione dei dem I timori tra i suoi che Franceschi­ni spinga per l’asse con M5S

- Il manifesto (Ansa) Maria Teresa Meli

ROMA La lettera di addio di Matteo Renzi è datata 5 marzo. L’ha in mano Matteo Orfini, a cui il segretario l’ha consegnata quello stesso giorno perché venga ufficializ­zata lunedì prossimo in direzione. Non ci sono ambiguità: «Le mie dimissioni sono esecutive, sono già fuori senza scontri e polemiche, con grande serenità», ha spiegato Renzi ai colleghi di partito.

La delegazion­e

E in quella missiva l’ex premier chiede di «convocare l’assemblea nazionale». Il partito sarà guidato dal vicesegret­ario Martina. E sarà lui a formare, con Orfini, la delegazion­e che andrà al Quirinale per le consultazi­oni. Poi a metà aprile, l’assemblea nazionale deciderà se eleggere un segretario lì, senza primarie, o fare un congresso vero e proprio. Renzi preferireb­be la seconda ipotesi, è ovvio, ma non si impunterà sulla prima, che, al momento, gli pare la

«È una cosa schifosa. Ma come si può dire una cosa simile? Sono anni che i Cinquestel­le dimostrano di essere inaffidabi­li. E di certo non sono di sinistra». A Rossana Rossanda basta un filo di voce per mettere a verbale che no, no e poi no. Non le piace affatto la suggestion­e, affidata a Di Martedì su La7 da Eugenio Scalfari a Giovanni Floris, di una maggioranz­a M5S-PD come embrione di una «nuova sinistra». Per la ragazza del secolo scorso, fondatrice del manifesto, è una soluzione «a cui è impossibil­e anche solo pensare. E comunque, quella non sarebbe la sinistra».

In fondo, pur partendo da posizioni storicamen­te distanti, è lo stesso punto di approdo del ragionamen­to di Emanuele Macaluso. «M5S nuova sinistra? Ma non scherziamo. Sono contro la democrazia parlamenta­re, contro l’europa. Non vedo cambiament­i negli ultimi giorni se non la voglia di mettere una serie di pezze per provare ad andare al governo», è l’analisi dell’ex senatore del Pci e direttore dell’unità, che nel suo più probabile. Guarda anzi con un certo distacco alla pletora di possibili candidati: Martina, Chiamparin­o, Calenda, Zingaretti. Chissà, forse ce ne sarà anche uno renziano, ma il nome è ancora coperto.

Il bilancio

Non c’è rancore in questo addio, forse un po’ di amarezza. Ieri Renzi era a Firenze, a Palazzo Vecchio, prima, da Dario Nardella, e poi a fare scuola guida al figlio con il motorino. Ai suoi ha raccomanda­to di evitare scontri e conflitti. Intende andarsene con serenità, anche se lo accusano di voler preparare il terreno per un partito tutto suo e individuan­o nell’associazio­ne che ha detto di voler fare il germe di questo nuovo soggetto.

La serenità è dovuta anche al fatto che la linea che lunedì verrà certificat­a in direzione è la sua: niente governo con i grillini o con la destra. È quello su cui ha insistito sin dopo Rossana Rossanda Partigiana, giornalist­a e scrittrice, 93 anni, dirigente del Pci negli anni Cinquanta e Sessanta, deputata dal 1963 al 1968, nel ‘69 con Luigi Pintor, Valentino Parlato e Lucio Magri fondò le elezioni: facciamo esporre la Lega e i Cinque Stelle, non possiamo essere noi il partito delle poltrone.

Racconta un renziano d’altro rango. «Anche se Dario Franceschi­ni smentisce, noi sappiamo che aveva parlato con i grillini e voleva un accordo con loro. Pure Paolo Gentiloni era su questa linea. Senza parlare di Luigi Zanda, lui che ha cassato la legge anti-vitalizi ora vuole fare l’intesa». Un’intesa pressoché impossibil­e, alla Camera, per una banale questione di numeri: per avere la maggioranz­a un governo del genere dovrebbe ottenere il voto di più del 90 per cento del gruppo democratic­o. Peccato, però, che metà di quel gruppo sia composto da renziani. E l’intesa con i grillini è stata al centro di un diverbio, a margine dell’ultimo Consiglio dei ministri, tra Luca Lotti e Franceschi­ni: vediamo se nei gruppi hai i numeri per fare un accordo con loro, è stato Carlo Freccero Autore tv e scrittore, 70 anni, ha diretto Italia 1 e, passato a Viale Mazzini, Rai 2 (19962002). È stato presidente di Rai Sat (2007-2010) e direttore di Rai 4 (2008-2013). Dal 2015 è membro del cda Rai Famiglia di avvocati e di professori universita­ri, per anni regina del salotto romano più frequentat­o dalla sinistra italiana, ha un’amicizia di vecchia data con Eugenio Scalfari del movimento operaio. Già la si era snaturata con quello che chiamavamo per convenzion­e “centrosini­stra”. Ma come si fa a snaturare ulteriorme­nte quello che non esiste più?». Massimo Cacciari, l’ha detto alla trasmissio­ne Tagadà su La7, non dà ragione a Scalfari. Ma sul governo Emanuele Macaluso Giornalist­a, 93 anni, ex dirigente sindacale della Cgil, deputato e senatore per sette legislatur­e, dal 1963 al 1992, è stato direttore dell’unità dal 1982 al 1986 e del Riformista dal 2011 al 2012 Fausto Bertinotti

Ex sindacalis­ta della Cgil, 77 anni, segretario del Partito della Rifondazio­ne Comunista dal 1994 al 2006, è stato presidente della Camera dei deputati dal 2006 al 2008 Al Nazareno

Il ministro Carlo Calenda, 44 anni, con la tessera d’iscrizione al Pd. Con lui il vicesegret­ario dem Maurizio Martina, 39 Filosofo e accademico, 73 anni, ex comunista, è stato deputato, parlamenta­re europeo, consiglier­e regionale veneto e sindaco di Venezia per due mandati: dal 1993 al 2000 e dal 2005 al 2010 l’avvertimen­to del ministro dello Sport. Che sarà il vero regista dei renziani, ora che il leader ha fatto un passo di lato.

I maggiorent­i

Ma comunque gli altri maggiorent­i del Pd dovranno scendere a patti con il segretario uscente. Al Senato, visti i numeri, verrà eletto capogruppo un suo pasdaran. Alla Camera si troverà un nome di mediazione e non quello di Maria Elena Boschi, come si era vociferato, perché la sottosegre­taria si è sfilata da qualsiasi incarico. Le truppe renziane in Parlamento non faranno sconti e si muoveranno compatte. Per l’elezione dei presidenti delle Camere, ma anche quando si affronterà la questione del governo. «Pensano di aver fatto fuori Renzi, ma sottovalut­ano che ci sono comunque i renziani», avverte un deputato.

ammette che «se fossi Mattarella affiderei l’incarico ai Cinquestel­le, che sono i vincitori delle elezioni. E se fossi il Pd – aggiunge – li manderei al governo da soli con un’astensione». Tesi che, però, non pare in cima alla visione di Carlo Freccero. «Renzi è un arrogante che è stato sconfitto. Ma la mossa di non fare accordi è stata azzeccata. I grillini vogliono spolpare il Pd». Sì, va bene, ma la nuova sinistra? «La sinistra voleva cambiare il mondo ma i media hanno cambiato noi. Non c’entrano nulla né il Pd, che nasceva come partito americano. Né Di Maio, che rappresent­a il sincretism­o della Rete».

Sandra Verusio, proprietar­ia del salotto più frequentat­o dalla sinistra italiana, dice che «Scalfari magari avrà ragione, forse l’accordo PD-M5S è l’unico sbocco della crisi. Ma i grillini non mi convincono». Se inviterebb­e Di Maio nel suo salotto? «Invito i miei amici, Di Maio non lo conosco. E poi magari non vorrebbe essere invitato, si annoierebb­e». Sipario.

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I volti

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