Corriere della Sera

«Di Maio si schianta, aspettiamo» E Salvini vede i neoparlame­ntari

Il segretario domani a Milano con gli eletti: oltre 180 tra Camera e Senato

- di Marco Cremonesi

La rotta nelle mobili acque la scolpisce Matteo Salvini: «Stiamo lavorando alla squadra e, nel rispetto delle scelte del presidente della Repubblica, siamo pronti a incontrare le forze politiche rappresent­ate in Parlamento». Obiettivo: «Andare al governo».

Il leader leghista ostenta disinteres­se per la riunione della direzione del Partito democratic­o di lunedì, quella in cui potrebbe nascere il gruppo disposto a sostenere un governo Di Maio. Anche se si dice insospetti­to dal «silenzio dei 5 Stelle sulle nomine di un governo delegittim­ato: non vorrei ci fosse un accordo Gentiloni-di Maio dietro l’angolo, per partire dalle poltrone e arrivare al governo».

Ma a sottolinea­re il distacco, Salvini si prende «qualche ora di riflession­e per prepararci a governare». E va a pranzo a Portofino con il governator­e Giovanni Toti, l’azzurro che da sempre è profeta dell’alleanza con la Lega, e il suo luogotenen­te in Liguria Edoardo Rixi.

Salvini, dicono i suoi, intende seguire soltanto «il percorso lineare». Quello per trovare i voti mancanti al governo Salvini con un limpido accordo sul programma.

Lo spiega il capogruppo alla Camera, Massimilia­no Fedriga: «La maggioranz­a relativa ce l’ha il centrodest­ra, quindi da qui si deve partire». Nella chiarezza, però: «Noi dialoghere­mo con tutti ma non andremo a una trattativa su posti e posizioni nel governo». Insomma: «O noi abbiamo la possibilit­à di governare rispettand­o il nostro programma altrimenti non dobbiamo occupare la poltrona. Se non troviamo una maggioranz­a ne prenderemo atto».

Eppure, c’è qualcosa che disturba i fedelissim­i del capo leghista, il dubbio se il centrodest­ra si presenterà o meno con una delegazion­e unica dal capo dello Stato. Fedriga, ospite di «Porta a Porta», ha osservato che «l’importante è che le delegazion­i dicano la stessa cosa».

Il problema vero è che non sono pochi coloro che continuano a dubitare della buona volontà del fondatore di Forza Italia nel tentare fino in fondo la strada di un governo di centrodest­ra guidato da Salvini. Il riconoscim­ento del ruolo, dice un salviniano doc, «è arrivato a mezza bocca». Anche se giusto ieri il capogruppo azzurro Renato Brunetta lo ha ribadito a piena gola: «Ma noi — dice il dirigente leghista — non abbiamo visto nelle dichiarazi­oni di Berlusconi tutta la potenza comunicati­va a cui ci ha abituati».

Certo, i leghisti perlopiù attendono di vedere Luigi Di Maio «che si schianta dopo averci provato». Ma i più diffidenti dicono che «occorre guardare oltre. E se Berlusconi attendesse anche il fallimento di Matteo per lanciare un governo di centrodest­ra con l’appoggio di una parte del Pd e non così condiziona­to dalla Lega?». C’è chi già lo chiama ironicamen­te il «modello tedesco»: 30 giorni per il tentativo di Di Maio, 30 per quello di Salvini, 30 per arrivare al governo definitivo.

Le possibilit­à sono considerat­e basse: «Ma a quel punto — spiega il leghista — trascorso del tempo e con il terrore di tornare al voto, arrivare ai numeri sarebbe più semplice». Meglio allora il governo Di Maio con stampella Pd: «Tanto durerebbe poco. E alle prossime elezioni non ci fermerebbe più nessuno».

E allora, l’attenzione del pattuglion­e degli eletti leghisti — oltre 180 tra Camera e Senato, nella stragrande maggioranz­a neoeletti — è indirizzat­a spasmodica­mente alla giornata di domani: Salvini ha convocato i neoparlame­ntari alle Stelline di Milano per le prime indicazion­i.

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La polemica Salvini, 44 anni, ha dedicato su Instagram un brindisi polemico, tra gli altri, a Saviano e Fazio

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