Il teologo Forte e il voto: «Su migranti e valori la Chiesa si faccia sentire»
CITTÀ DEL VATICANO «Mi chiedo se non sia da avviare una riflessione nella Chiesa italiana su una terza via possibile fra il vecchio collateralismo, ormai inaccettabile, e il rischio di irrilevanza». L’arcivescovo e teologo Bruno Forte fa parte del Consiglio permanente dei vescovi italiani che si riunirà il 19 marzo.
Eccellenza, la Cei ha rimandato la valutazione delle elezioni al Consiglio. Da dove comincerete?
«Come sempre, rifletteremo su quanto la nostra gente sta vivendo. I risultati mostrano un’ampia insoddisfazione nei confronti di alcuni rappresentanti “storici” della politica, partiti e persone, perfino una sorta di rigetto. Alcuni, poi, hanno evidenziato un silenzio abbastanza generale, qualcuno dice “assordante”, della Chiesa italiana. Certamente, il presidente della Cei, cardinale Bassetti, ha detto alcune cose rilevanti con il suo sguardo ispirato a una visione di misericordia. Però…».
Però?
«Se è giusto che si siano prese le distanze dal collateralismo di un tempo, mi sembra che come Chiesa in Italia ci troviamo ancora in una fase di transizione, nella quale non è chiaro in che modo la voce dei pastori e della comunità cristiana possa farsi sentire in maniera più incisiva e diretta nel dibattito politico, specie su ciò che sta più a cuore in
d Giusto desiderare interventi incisivi di vescovi e comunità cristiane
chi si ispira al Vangelo».
Ha vinto chi ha insistito contro i migranti, le forze populiste. C’è chi dice: la Chiesa italiana ha perso.
«La Chiesa italiana non ha perso, anzitutto perché non era schierata in campo e non doveva esserlo. Bando a letture pregiudiziali. La scelta chiara di papa Francesco è quella di non voler identificare la Chiesa con gli interessi di una parte politica. Non dimentichiamo, tuttavia, i suoi stimoli decisi a farsi voce dei più deboli ed emarginati, che costituiscono spesso una presenza ignorata...».
Francesco però ha detto che non devono esserci «vescovi-pilota». In che senso parla di una «terza via»?»
«Ci sono stati tanti credenti tra gli elettori, anche nelle forze emergenti, ma la loro voce si è sentita poco o niente, fino a far ritenere ad alcuni che la Chiesa non abbia voluto, o saputo, farsi sentire. Non si tratta di cercare figure di pastori che si sostituiscano ai laici in politica, ma è giusto desiderare interventi incisivi dei vescovi e delle comunità cristiane su questioni rilevanti come il lavoro, la giustizia sociale, i giovani e le loro paure, la dignità degli immigrati e di chi fugge da fame e miseria, i diversi volti della fragilità sociale, il rapporto con l’europa e le responsabilità etiche che un Paese come l’italia ha nei confronti degli scenari più diversi, non di rado drammatici, della mondialità».