Corriere della Sera

La stretta sui parlamenta­ri I 5 Stelle temono «infiltrati»

- Alessandro Trocino

ROMA Un ultimo tentativo, quasi disperato, per convincere quel che resta del Pd a sostenere un esecutivo guidato dai 5 Stelle. Il Movimento ci prova in tutti i modi: con l’appello di Luigi Di Maio su Repubblica, facendo filtrare la possibilit­à di rinunciare a qualche ministro (in cambio di personalit­à come Marco Minniti). E insistendo a mettere sul tappeto temi cari alla sinistra. Ma le possibilit­à sono ridotte al lumicino e quindi ci si prepara a ogni eventualit­à: da un accordo, quasi impossibil­e, con la Lega, a un governo di minoranza, con l’appoggio esterno di una o più forze, fino all’estrema opzione del ritorno alle urne.

Comunque vada, il Movimento continua a rivendicar­e l’incarico dalle mani del capo dello Stato. Oggi Luigi Di Maio sarà al Quirinale, per un visita di cortesia in occasione della giornata delle donne.

Domani il Movimento riunisce i suoi parlamenta­ri. Una valanga, oltre 330 tra deputati e senatori. Molti totalmente sconosciut­i ai vertici, segnalati all’ultimo momento e inseriti nelle sfide degli uninominal­i o messi nel listino come riempilist­a. Un Movimento in overbookin­g, che si trova più seggi che candidati, e che ha il primo vero problema della legislatur­a: riuscire a compattare e controllar­e questa massa di new entry, spesso a digiuno di politica. Tema che sarà affrontato di petto nella riunione plenaria dei neoparlame­ntari all’hotel Parco dei Principi, già sede scenografi­ca per la sera delle elezioni.

I timori dei vertici si riassumono in una parola che circola in queste ore: «Infiltrati». La paura è che nella massa dei neoeletti si nascondano parlamenta­ri pronti a tradire. E magari a ingrossare le fila di quel gruppo misto che conterrà i candidati scomunicat­i (otto espulsi e un’autosospes­a). Gente come Maurizio Buccarella, che spiega di non vedere alcuna ragione per dimettersi, o come Salvatore Caiata, patron del Potenza Calcio. Per questo ai neoeletti è già stata messa la mordacchia. Proibiti post politici sui social e interviste, mentre anche i volti noti della campagna sono stati neutralizz­ati. A parlare sono autorizzat­i in pochissimi. Tra loro Manlio Di Stefano, che con Emanuela Del Re sta incontrand­o alcuni ambasciato­ri europei. E che rivendica l’incarico: «Siamo gli unici a rappresent­are l’intera nazione». Danilo Toninelli, intanto, fa un «appello a tutti i partiti» per lavorare sui temi: lavoro, povertà, tasse e sprechi.

Il pressing sui dem

Di Maio fa filtrare la possibilit­à di rinunciare a qualche ministro in cambio del sì dem

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