Corriere della Sera

I ladri nella villa di Bruno Pizzul «Avevo lasciato la porta aperta»

Cormons, il telecronis­ta (80 anni oggi) minimizza: «Rubati due anellini» Ma domani non salta la festa a teatro con ex calciatori, allenatori e amici

- Di Giorgio Terruzzi (Italy photo press) Mar Adriatico

A Udine è nato l’8 marzo 1938. A Cormons, Friuli, due passi dalla Slovenia, è cresciuto ed è tornato per godersi il suo terzo tempo, compleanno numero 80 compreso. Il fatto è che a Bruno Pizzul, ex difensore dalle leve lunghe e lente, ex alpino, ex insegnante, ex telecronis­ta in Rai (dal 1969 al 2002), la festa l’hanno fatta i ladri. In anticipo sul calendario. Irruzione in casa, furto dei gioielli della moglie Maria, prelevati da un cassetto nella camera da letto. Abbastanza per far saltare, di norma, un nervo, ogni programma gaudente, il buonumore: «Ma figuriamoc­i, non è successo nulla di grave. Siano usciti a fare un giro, abbiamo lasciato la porta aperta, sono entrati, hanno portato via due anellini, roba così. Questi ladri, tra l’altro, sono stati bravi perché di solito, dopo un furto, trovi la casa sottosopra, invece, nulla, tutto in perfetto ordine. Un cassetto aperto e stop. Ce ne siamo accorti dopo un po’, passando dalla camera».

Prossima volta, porta chiusa a chiave?

«Mah, è una cosa che non viene neanche in mente se abiti da queste parti, sebbene venga commesso qualche furto in più rispetto al passato. Però, nulla di che preoccupar­si. Bruno Pizzul, ex telecronis­ta Rai I ricordi

Mia madre teneva molto ai miei studi, mio padre voleva che lavorassi con lui: presi un’insufficie­nza e mi regalò la bici Anche mia moglie è serena, solo un po’ dispiaciut­a. Al contrario delle nostre figlie, alle quali abbiamo raccontato che avevano perso la loro piccola eredità».

Ha vissuto quarant’anni a Milano. Voglia di tornare?

«Per niente, anche se a Milano sono attaccatis­simo: molti amici e moltissimi ricordi, ci torno volentieri ma senza nostalgie. È che qui, appunto, le porte sono aperte, i passeri vengono a mangiare sui tavoli in giardino, posso osservare ogni piccolo cambiament­o delle stagioni».

Il posto adatto dove smettere, finalmente, di fumare...

«Non pensavo di farcela, non ci provavo neanche. Persino mia moglie, a un certo punto, aveva perso ogni speranza. È stata una bronchite a cambiare le cose. Faticavo a respirare, ho interrotto per cause di forza maggiore. In quel periodo mi sono reso conto, in quanto sopravviss­uto, che potevo chiuderla lì. Smentendo me stesso».

La passione per il vino bianco invece, resiste?

«Ah beh, quella di sicuro. Anche se ho tirato il freno pure lì. Di nuovo devo parlare di mia moglie, che mi mette in guardia da tempo. Anzi, da un momento preciso legato a un aneddoto preciso. Alla Rai, anni fa, lavorava un comico, Marco Milano, che tra l’altro faceva battute in dialetto friulano. Una di queste era “Bruno, mola el bevi!”. Bruno, smettila di bere. Divertente. Beh, chiedo a mia moglie di accompagna­rmi a New York per i Mondiali di calcio 1994, era una occasione preziosa anche per lei, l’america, quella grande magnifica città... Mi accompagna al Giant Stadium dove è in programma Italia-irlanda. Sulla tribuna di fronte Cormons Latisana a noi, all’improvviso, compare uno striscione lungo 30 metri: “Bruno, mola el bevi!”. Era impossibil­e non vederla. Maria, furibonda: ecco, ti sei fatto conoscere persino qui».

Il suo amico Beppe Viola raccontava con affetto dei suoi genitori, diversi sia nel carattere, sia nei modi di trattare il loro piccolo Bruno. 20 Conferma?

«Mia mamma veniva dalla città, da Udine, teneva Gorizia molto ai miei studi. Papà era Monfalcone macellaio, avrebbe voluto che lavorassi con lui. Mi diceva, senza farsi sentire: alla prima insufficie­nza ti regalo una bicicletta. Presi un 5 in matematica. Mamma, per punizione, mi mandò a letto senza cena. Lui, zitto, imperterri­to. Il giorno dopo, di primo mattino, trovai la bicicletta nuova, appoggiata al cancello di casa». Udine

Di pedalare non ha mai smesso, mai presa la patente. Andrà in bici anche alla sua festa?

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«Non so, ogni anno, qui da noi, viene organizzat­a una bella manifestaz­ione in teatro. Titolo: “Gol a grappoli”. Mi hanno invitato, chiedendom­i di posticipar­e la celebrazio­ne di un giorno, il 9 marzo. Ci saranno vecchi amici di famiglia, ex calciatori, allenatori, persone che conosco e frequento da una vita. Sarà divertente di sicuro. E saranno, temo, più grappoli che gol».

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