SUU KYI E I ROHINGYA, PREMIO WIESEL ANNULLATO UNA SCELTA SENZA APPELLO
Una decisione che — ammettono i responsabili del Memoriale dell’olocausto di Washington — «non abbiamo preso a cuor leggero». Tuttavia, la lettera che ieri annunciava il ritiro del premio intitolato a Elie Wiesel, e attribuito nel 2012 a Aung San Suu Kyi, ha subito suscitato forti emozioni. Le motivazioni che hanno portato a tanto sono note: l’orchidea di Ferro, icona dei diritti umani in Birmania passata da dissidente a leader politica, ha deluso la comunità internazionale per non aver saputo (o voluto) fermare il genocidio dei Rohingya nel suo Paese. Di più: non avrebbe nemmeno «riconosciuto» la disperazione della minoranza musulmana in una Birmania (Myanmar secondo la moderna dizione) al 90 per cento buddhista. Di qui lo «schiaffo» di una scelta davvero senza appelli. La Signora aveva ricevuto il riconoscimento, primo nome dopo lo stesso Elie Wiesel, a un anno dalla sua liberazione da parte dei generali perché, a giudizio del Memoriale, aveva personificato i principî «che noi — testimonianza vivente della Shoah — desideriamo ispirare nei leader e nei cittadini comuni: affrontare l’odio, prevenire i genocidi, promuovere la dignità umana». Inutile dire che tutto questo Aung San Suu Kyi, già Nobel per la Pace, lo aveva davvero incarnato e certo il premio era tutt’altro che immeritato. Il punto che forse qui vale la pena sottolineare è un altro: si può «cancellare» con un tratto di penna il passato di una persona in nome di un presente che, per quanto poco onorevole, deve ancora essere analizzato in tutte le sue implicazioni? Intendiamoci, i Rohingya non sono stati difesi apertamente. E le persecuzioni loro inflitte dai militari birmani hanno suscitato un giusto orrore nel mondo. Ma questo toglie ogni riconoscimento al bene fatto in precedenza da Aung San Suu Kyi? La politica attiva, la responsabilità di governo sono cose molto diverse dalla difesa dei diritti. È probabile che il Memoriale di Washington abbia fatto la valutazione più giusta. Certo a noi tutti resta molto amaro in bocca.