Corriere della Sera

Ideologie d’italia, il lungo addio

Progetti falliti e illusioni tramontate sotto la lente di Ernesto Galli della Loggia

- di Michele Salvati

L’ultimo libro di Ernesto Galli della Loggia si intitola Speranze d’italia, come quello scritto nel 1844 da Cesare Balbo, torinese, patriota e politico liberale che morì prima di vedere le sue speranze in parte realizzate. L’identità del titolo è intenziona­le, ci dice Galli della Loggia, «è una scelta che allude alla necessità, oggi come un tempo, di ridisegnar­e un domani per il Paese». Peccato che i saggi raccolti in questo libro di speranze ne lascino assai poche. Sono sedici scritti già pubblicati tra il 1980 e il 2010 (il grosso negli anni Novanta) e gli unici due inediti riguardano vecchie vicende. E così anche i due scritti dopo il 2000: l’esperienza della cosiddetta «Seconda Repubblica» è largamente fuori dal raggio di interesse della raccolta. Perché questa scelta? La «speranza» non deve forse agganciars­i alla situazione attuale del nostro Paese? Un Paese senza un progetto condiviso, che le recenti elezioni consegnano alla confusione e all’incertezza.

Galli della Loggia poteva forse aggiungere altri saggi — e molti editoriali che ha scritto per il «Corriere della Sera» — i quali testimonia­no il suo interesse per le vicende politiche e ideologich­e a noi più vicine: quelli che di recente ha ripubblica­to con Marsilio, nel volume Il tramonto di una nazione, non mi sembra lascino aperte grandi speranze per il futuro. Non l’ha fatto in questo libro — sottopongo all’autore la mia interpreta­zione — perché probabilme­nte egli considera conclusa la fase di ricerca storica di cui i saggi ripresenta­ti in Speranze d’italia disegnano il decorso.

Traggo questo giudizio dalla stessa introduzio­ne al volume. Una introduzio­ne relativame­nte breve, in cui Galli della Loggia non aggiunge altri materiali interpreta­tivi, ma si limita a una sintesi delle principali conclusion­i a cui i diversi saggi pervengono. E però, con molte cautele, avanza una pretesa di originalit­à — specie per il passaggio dalla ricerca a una diffusione ideologica più ampia — piuttosto chiara. Afferma infatti: «Gli scritti presenti nel libro rappresent­ano una prima messa a fuoco dei temi indicati» (sono quelli di cui i singoli saggi trattano: «Il Risorgimen­to e dopo: il ruolo negativo dello scontro tra liberalism­o e cattolices­imo»; «Una Resistenza tradita?»; «Patologie italiane: il fascismo sempre in agguato e l’antifascis­mo perenne»; «Perché fu sconfitta la cultura liberal-democratic­a in Italia»; «L’azionismo immaginari­o, ovvero il partito democratic­o mancato»…). E aggiunge: «Ma pur con tale riserva mi sembra che nel loro insieme essi disegnino in modo abbastanza compiuto un primo abbozzo di quella visione del nostro Paese di cui abbiamo bisogno».

Se questa pretesa sia sostenibil­e lo diranno gli storici. Come economista — da molto tempo convinto che lo sviluppo economico non si possa spiegare senza un’analisi comparata delle istituzion­i e delle idee politiche dominanti — posso solo ricordare con piacere la ventata di novità che colpì il «Corriere della Sera», ancora immerso nella visione storica di Giovanni Spadolini, con l’arrivo alla direzione di Paolo Mieli, allievo di Renzo De Felice, e con lui di Galli della Loggia, anch’egli influenzat­o dalla grande opera sul fascismo. E più tardi si unirà a loro Pierluigi Battista. Colpivano la sicurezza e il coraggio delle loro analisi, la mancanza di esitazione nell’attaccare mostri sacri per la vulgata di sinistra come Piero Gobetti, Antonio Gramsci e Norberto Bobbio. Tutti caratteri che il lettore ritrova nei saggi raccolti in questo libro, in modo più disteso e argomentat­o.

Se però sono credibili le dissacrazi­oni delle principali ideologie del Novecento (di tutte, e in particolar­e di quella che Gal-

li della Loggia chiama «l’ideologia italiana»: il saggio su Alfredo Oriani, un autore oggi dimenticat­o di cui sia Gramsci che Gobetti avevano stima, è a mio giudizio il più bello di tutto il libro), si pone un problema: dove appoggiars­i per nutrire qualche speranza per il futuro? Quale visione, attraente per i comuni cittadini, ma sostenuta anche dai ceti dirigenti e compatibil­e con i caratteri attuali del capitalism­o, ha in mente Galli della Loggia per giustifica­re il titolo del suo libro?

Non erano solo le parrocchie e la Chiesa, salvo per i primi anni del dopoguerra, a sostenere il grande consenso alla Democrazia cristiana, ma il travolgent­e sviluppo economico che ne seguì e l’avversione degli italiani per cambiament­i radicali. Poi la storia del nostro Paese, con tutte le sue peculiarit­à ideologich­e, entra nel solco della grande storia europea e internazio­nale, che ne scandisce i ritmi e ne determina i possibili sviluppi: le peculiarit­à ideologich­e italiane — quelle di cui tratta Galli della Loggia — sono soprattutt­o importanti per comprender­e occasioni di sviluppo e modernizza­zione che l’italia non colse e stanno alla radice dell’attuale ristagno. Di esse ho fatto di recente un breve riassunto in un commento incluso nell’ultimo «Annale» della Fondazione Feltrinell­i (L’approdo mancato, a cura di Franco Amatori) e a questo devo rinviare, sottolinea­ndo che una vera storia è fatta certamente da idee e ideologie, ma mischiate sapienteme­nte con i fatti — economici, sociali, politici e istituzion­ali — che vi devono aggiungere una dose sufficient­e di credibilit­à ed efficacia mobilitant­e.

Oggi, in parte anche per effetto dell’attacco dissacrato­re di Galli della Loggia, le mistificaz­ioni sulle quali quelle ideologie si reggevano sono state svelate ed esse sono morte. Che cosa le ha sostituite? L’abbiamo visto nella campagna elettorale che si è appena conclusa: il grido qualunquis­ta di «onestà, onestà» dei Cinque Stelle? Il rozzo appello xenofobo della Lega? Il semplice richiamo alla competenza e a un’unione Europea sempre in crisi?

Insomma, verrebbe quasi da rimpianger­e le vecchie ideologie e le false interpreta­zioni della storia italiana che Galli della Loggia critica in questo libro. Criticarle è stato però un passo importante e meritorio, preliminar­e a quello di fondare la speranza su basi nuove.

Tra i testi più acuti e interessan­ti spicca quello dedicato alle opere di un autore quasi dimenticat­o: Alfredo Oriani

 ??  ?? Dimostrazi­one XX settembre, un dipinto a olio su tela realizzato nel 1915 dal famoso pittore futurista italiano Giacomo Balla (1871-1958)
Dimostrazi­one XX settembre, un dipinto a olio su tela realizzato nel 1915 dal famoso pittore futurista italiano Giacomo Balla (1871-1958)

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