Corriere della Sera

Gattuso: «Viviamola con gioia»

Oggi l’arsenal con 70 mila persone. «Io 22 anni come Wenger? Non so se ci arrivo» La Lazio vuole ripartire battendo la Dinamo Kiev

- Milano, ore 19 Arianna Ravelli Carlos Passerini Stefano Agresti Roma, ore 21.05

MILANO È stato un avviciname­nto strano, quello a questa grande notte europea che manca da una vita, in silenzio, «senza musica negli spogliatoi», vista la tristezza nel cuore per Davide Astori che a Milanello era stato da ragazzino, e con tanta fatica nelle gambe, perché Rino Gattuso ha approfitta­to del derby rinviato «per fare un po’ del lavoro che avremmo dovuto svolgere durante la prossima sosta e credo che i miei giocatori mi abbiano odiato in questi giorni». Gattuso, per la verità, può fare quello che vuole di questi tempi e Giacomo Bonaventur­a che gli è seduto accanto conferma. Se la squadra arriva alla sfida con l’arsenal «con grande mentalità e grande condizione» è merito suo, che non ha paura di affermare il momento positivo dei suoi.

D’altronde, dopo 13 risultati utili consecutiv­i e 584 minuti senza prendere gol, e considerat­o che di fronte c’è una squadra che ne ha perse 8 nelle ultime 13, si fa fatica a nascondere che il Milan arriva alla sfida da favorito. «Ma i più forti restano loro. Che hanno tantissima qualità, hanno segnato 18 gol in Europa League e hanno più esperienza. Noi, a parte Bonucci e Biglia, non abbiamo mai giocato sfide così, perché siamo molto, molto giovani. Ma questa sfida sarà un aiuto per la nostra crescita». Il più grande nemico di serata, allora, può essere l’emozione. «Non dobbiamo avere paura di giocare di fronte a 70mila persone. Sono tutte per noi. Ai giocatori dico di viverla, viverla con gioia. Bisogna essere contenti, perché molti sognano di giocare partite così e non ci riescono mai».

Anche la sfida tra Gattuso e Wenger riflette la stessa differenza di esperienza (il tecnico con meno panchine europee contro quello che ne ha di più, in questo torneo), anche se Rino potrebbe essere aiutato dai vecchi ricordi di quando giocava (e spesso vinceva) le sfide di Champions: «Ma io in queste notti mi sogno Ozil e Wenger, non certo i ricordi di quando giocavo. Io devo dare la sensazione ai miei di averla preparata in modo perfetto, un po’ come succedeva a me, con Ancelotti. Quando entravo in campo, rivivevo il film di cui avevamo parlato tante volte». Nello specifico: «Non dobbiamo subirli, dobbiamo in palio c’è un quarto di finale che, soprattutt­o per gli inglesi, rappresent­a un’imperdibil­e ancora di salvezza in una stagione semifallim­entare nella quale il piazzament­o Champions è svanito da un pezzo e che ha avuto il suo momento di massimo spleen a inizio gennaio, con la truculenta eliminazio­ne nel terzo turno di Fa Cup a opera del Nottingham Forest di seconda divisione. L’altro giorno, all’ultima assemblea dell’arsenal Supporters’ Trust, la società creata dai sostenitor­i che detiene il 4,5% del club e che «promuove e rappresent­a gli interessi dei tifosi», l’88% ha votato la sfiducia al professore di Strasburgo. L’ultimo titolo di Premier risale al Atteso

Patrick Cutrone, 20 anni, è l’uomo nuovo del Milan: in questa stagione ha segnato finora 14 gol:

6 in campionato (più due assist) in 18 partite, 4 in Europa League (più due assist) in 7 partite,

2 in 4 partite di qualificaz­ione di Europa League e 2 in 4 gare di Coppa Italia (Canoniero) costringer­li a correre quando abbiamo la palla, come a loro non piace».

È un bell’esame (di inglese), insomma, anche per Gattuso. «Non è una sfida fra me e Wenger, non ci sarebbe partita, io sono un Pulcino rispetto a lui. Da 22 anni allena la stessa società: lui sta quasi per finire, io ho appena cominciato». Un’eliminazio­ne potrebbe in effetti accelerare la fine del ciclo per il francese; un passaggio del turno potrebbe avvicinare il rinnovo per Rino. Che però, per ora, non si illude di diventare il Wenger del Milan. «Mica ci arrivo a 22 anni — ride —. Mi piacerebbe costruire qualcosa nel lungo periodo, ma riesco a fare questo lavoro solo mettendoci tutto me stesso, a volte arrivo sfatto, faccio più fatica io dei calciatori. O mi do una calmata, o non so quanto reggo». Ma la decisione sulla guida della prossima stagione è praticamen­te presa dalla società. Il futuro è già cominciato, così come la costruzion­e della squadra con Pepe Reina già d’accordo sul passaggio al Milan (indipenden­temente dal futuro di Donnarumma). Il passaggio del turno consentire­bbe all’ad Fassone di chiedere meno soldi al presidente Li nel prossimo aumento di capitale. Non è tanto ma, in attesa di vedere come prosegue il rifinanzia­mento del debito, anche questo aiuta.

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Gattuso Mi sogno Ozil di notte Arriviamo alla sfida con grande mentalità e grande condizione

2004. Oggi a San Siro saranno in duemila, ma la rottura è completa e la pazienza finita.

«Dopo varie batoste stiamo soffrendo a livello mentale — ha ammesso il manager francese, 68 anni, su quella panca dal 1996 — ma a Milano abbiamo l’opportunit­à di mostrare qualità e carattere. Dobbiamo fare un passo alla volta, eseguire le cose semplici: migliorare in attacco ed essere più attenti in difesa. E soprattutt­o ritrovare certezze. Contro il Milan sarà una doppia sfida combattuta». Attenzione ai dettagli, vale a dire al significat­ivo riferiment­o alle due partite: per quanto l’arsenal non sia struttural­mente una squadra da calcoli, il piano è limitare i danni per sfruttare poi l’effetto Emirates giovedì prossimo. Vedremo.

Senza Aubameyang non utilizzabi­le in Europa League, né Lacazette, Casorla, Monreal e Bellerin, stasera Arsenio armerà il 4-2-3-1 con Welbeck punta centrale davanti alla batteria di trequartis­ti Mkhitaryan-ozil-iwobi, il punto di forza del dispositiv­o. Tecnica, fantasia, gamba: la partita si decide lì. Ma l’allenatore dei Pulcini, tranquilli, lo sa.

Il Milan e la Juve hanno dato schiaffi dolorosiss­imi: «Non li meritavamo». La Lazio ha bisogno di ripartire. Subito. L’evento è importante, l’andata degli ottavi di Europa League; l’avversario non è irresistib­ile ma preoccupa, la Dinamo Kiev abituata a frequentar­e le coppe. Il problema non è nelle gambe, ma nella testa. Dice Inzaghi: «Dal punto di vista psicologic­o non siamo al massimo, com’è normale dopo due partite perse in quel modo». Però reagisce: «Le prestazion­i sono state ottime, la squadra c’è: ricomincia­mo dalle nostre certezze». La Lazio tiene tanto all’europa League. Inzaghi perché è affamato per natura, i calciatori perché pochi di loro hanno vissuto esperienze internazio­nali più appaganti di questa. «Ma la Dinamo è una squadra pericolosa ed esperta, l’ho anche affrontata da giocatore in Champions nel 2001. E poi al ritorno sarà dura perché il clima sarà pessimo, in tutti i sensi: per il freddo e per la grande pressione del pubblico». L’idea, insomma, è provare a chiuderla qui, o comunque ottenere un risultato che permetta di andare in Ucraina con un buon vantaggio. «Però dovremo stare attenti perché loro si chiudono e sono abili a ripartire». Inzaghi non smonterà la Lazio per affrontare la Dinamo: niente turnover selvaggio, insomma. Mancherann­o solo Marusic e Caceres, acciaccati; non saranno molti i titolari lasciati a riposo (forse Milinkovic-savic). Immobile sarà ancora là davanti a guidare l’attacco, benché diffidato. Inzaghi spera nell’aiuto dei tifosi: «C’è bisogno di loro». A parte la curva, però, saranno poche migliaia, nonostante promozioni e prezzi stracciati: l’europa laziale è per pochi intimi.

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Wenger Dopo varie batoste stiamo soffrendo a livello mentale Mostriamo il carattere

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