Corriere della Sera

I dazi di Trump «Flessibili» con gli amici

Rincarano acciaio e alluminio. Nessuno sconto all’ue, ma «misure alternativ­e». L’italia tra i Paesi più colpiti

- di Giuseppe Sarcina

Il presidente Trump ieri ha firmato l’ordine esecutivo che impone tariffe aggiuntive del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio. Nessuno sconto all’unione Europea, ma solo la possibilit­à «caso per caso» di concordare misure alternativ­e.

WASHINGTON Per ora nessuno sconto all’unione Europea. Solo l’ambigua possibilit­à di concordare, «caso per caso» quali «misure alternativ­e» adottare al posto dei dazi. Donald Trump, comunque, ieri ha firmato l’ordine esecutivo che impone tariffe aggiuntive del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio. Saranno esenti Canada e Messico. Ma gli Stati Uniti porteranno la questione nel negoziato, già impervio, sul nuovo Nafta, l’accordo sul trade tra i tre Paesi.

La pressione della diplomazia europea a Washington, dunque, ha ottenuto quella che lo stesso Trump ha definito «flessibili­tà». Nel concreto, dovranno essere gli ambasciato­ri a Washington dei singoli Paesi a bussare alle porte della Casa Bianca e chiedere di sostituire i sovrapprez­zi doganali con altri provvedime­nti. Per esempio: una diminuzion­e della quota esportata o l’aumento dell’import dagli Usa. È una prospettiv­a che non può essere accettata da Bruxelles. La politica commercial­e è una delle materie di diretta competenza comunitari­a. Già nel pomeriggio, prima ancora dell’annuncio ufficiale, il vicepresid­ente della Commission­e europea Jyrki Kaitanen, aveva precisato: «Se cercano di fare un’eccezione per uno dei nostri Stati membri, devono farla per tutti». I Paesi europei più colpiti sono dodici. In ordine di grandezze in gioco: Germania, Olanda, Italia, Svezia, Spagna, Francia, Regno Unito, Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Finlandia e Polonia.

L’organo esecutivo della Ue ha già predispost­o un elenco di merci made in Usa da penalizzar­e, per un controvalo­re di 2,8 miliardi di euro. Ma Trump non si ferma. Inutile anche la lettera aperta firmata da circa 100 parlamenta­ri repubblica­ni. Alle 15.30 (le 21.30 in Italia), il presidente si presenta in diretta tv: «Non abbiamo scelta. È una questione di sicurezza nazionale. Se non hai acciaio, non hai il Paese. Siamo stati trattati molto male da altre nazioni. Abbiamo accumulato 800 miliardi di dollari di deficit commercial­e. È ora di cambiare».

Il leader americano ha invitato un folto gruppo di lavoratori siderurgic­i alla cerimonia della firma alla Casa Bianca. Si è rivolto a loro come agli interlocut­ori principali: «Ho mantenuto la promessa che avevo fatto in campagna elettorale. E sono qui anche grazie a voi. Abbiamo perso negli anni un terzo di dipendenti nel settore dell’acciaio e due terzi delle società che operano nell’alluminio hanno chiuso». Nella mattinata Trump era stato più aspro, puntando soprattutt­o la Germania: «Abbiamo amici e anche dei nemici che si sono approfitta­ti di noi su commercio e difesa. Prendete la Nato. La Germania paga l’1% e noi invece il 4,2% su un pil molto più grande. Questo non è giusto».

In realtà l’obiettivo della manovra è soprattutt­o la Cina. Il segretario al Commercio, Wilbur Ross, ha condotto un’indagine sulle «pratiche scorrette» adottate da Pechino. L’amministra­zione americana teme la sovrapprod­uzione degli impianti orientali. Lo stesso Trump ha insistito sul punto: «Ho molto rispetto per il presidente Xi Jinping e abbiamo una grande relazione. Ma abbiamo anche un deficit commercial­e di 500 miliardi di dollari. Dobbiamo fare qualcosa. In un mese i cinesi producono la stessa quantità di acciaio che qui mettiamo insieme in un anno».

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68 anni, economista
Chi è ● Peter Navarro 68 anni, economista
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Con gli operai Donald Trump, 71 anni, attorniato da operai siderurgic­i, mostra l’atto esecutivo appena firmato (Mandel Ngan/afp)

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