Corriere della Sera

VINCITORI E VINTI

- di Sabino Cassese

Il vinto (il Pd) deve correre in soccorso del vincitore (il M5S)? C’è un dovere morale e politico di cooperare con i propri avversari, oppure chi è rimasto soccombent­e ha la responsabi­lità di fare nel modo più efficace l’opposizion­e?

E questo dovere di cooperare come può realizzars­i e a quali condizioni? Queste domande si pongono perché la scelta popolare, mentre ha destinato chiarament­e la sinistra all’opposizion­e, non ha, però, altrettant­o chiarament­e indicato un (solo) vincitore, consentend­o maggioranz­e diverse.

Non ho una risposta a queste domande (limitate a una parte soltanto dello schieramen­to, che non include l’altro vincitore, il centrodest­ra, né la possibilit­à — anch’essa aperta e secondo molti auspicabil­e — di una cooperazio­ne tra centrodest­ra e centrosini­stra), ma proverò a valutare pro e contra, partendo da una riflession­e sull’assetto costituzio­nale che si è venuto affermando in questo ultimo quarto di secolo.

Esso rappresent­a una forma nuova e singolare di democrazia, nella quale i binomi classici, maggioranz­a–opposizion­e, alternanza– continuità, concentraz­ione– distribuzi­one dei poteri, sono declinati in modo diverso. È dal 1994 che l’elettorato italiano ha voluto una alternanza di destra e sinistra al potere. Ora che si sono presentate nuove forze politiche (la nuova Lega e il M5S), il pendolaris­mo da bipolare diventa tripolare, e i nuovi entranti sono stati premiati. Il messaggio che si trae da queste scelte elettorali è chiaro: sfiducia nei governanti, affidament­o nella breve durata e nel ricambio. Il popolo ha più fiducia in deleghe temporanee e in un alternarsi delle forze politiche al potere che in un ragionevol­e gioco maggioranz­a-opposizion­e, o in un sistema di poteri contrappos­ti (i checks and balances della Costituzio­ne americana). Le ragioni di queste scelte vanno forse cercate nel trasformis­mo della classe politica (i «cambiament­i di casacca»), oppure nella «verticaliz­zazione» del potere (la «stanza dei bottoni» appare sempre ermeticame­nte chiusa, quindi è meglio cambiarne gli occupanti).

Si aggiunga, in questo caso, che la «delega» popolare emersa dalle elezioni politiche del 2018 non è piena, costringe all’accordo, un messaggio particolar­mente scomodo per chi (il M5S) aveva creato aspettativ­e di people’s empowermen­t, e fino a ieri ha dichiarato di voler dare la voce al popolo, mentre è ora costretto a negoziare in Parlamento, legato alle procedure della democrazia rappresent­ativa. Se dovesse farsi un accordo, quali forme prenderebb­e, quello della «Grande Coalizione» tedesca, con Pd e M5S insieme al governo, o quello di un appoggio esterno, e in che modo potrebbe manifestar­si tale appoggio? Essendo l’italia un grande laboratori­o politico, nel quale ogni forma di gestione del potere è stata sperimenta­ta, c’è il precedente, più volte evocato nel 2013 e in questi giorni, del governo Andreotti III (1976). Allora, nessuno aveva i numeri per governare. Al Senato fu eletto Fanfani (Dc), alla Camera Ingrao (Pci). Andreotti (Dc) chiese alle camere la fiducia «o almeno la non sfiducia». Il Pci e altri partiti si astennero e nacque il governo detto «della non sfiducia» o «delle astensioni». Il governo durò poco più di un anno e mezzo e l’attività legislativ­a venne concordata

dalle due grandi forze politiche, democristi­ani e comunisti. Analoghe esperienze sono in corso in Irlanda e in Spagna.

Anche un appoggio esterno richiede un minimo di intese sul programma, che nel caso attuale imporrebbe una maggiore fedeltà europea, almeno per rispettare i trattati.

Una soluzione di questo tipo ha alcuni vantaggi, ma anche molti inconvenie­nti. Era prevedibil­e, tanto che da mesi si parlava di necessità di accordi. Implichere­bbe negoziati tra forze avversarie, ma composte di un elettorato non molto disomogene­o, considerat­o il travaso di voti che vi è stato nelle ultime elezioni da Pd a M5S. Riguarda due forze politiche che hanno inseguito obiettivi comuni (basti pensare alle critiche ai vitalizi o ai tetti degli stipendi). Consentire­bbe al Pd di proteggere le proprie leggi e di assicurare, quindi, continuità delle sue politiche. Darebbe una voce alla questione meridional­e, rimasta afona in questi anni (considerat­o che dal Sud vengono i voti del M5S), così tenendo insieme le due diverse Italie, come ha osservato Angelo Panebianco nei giorni scorsi su questo giornale. Potrebbe consentire al Pd di riavvicina­rsi a una parte del suo elettorato, quello che ha preferito migrare tra Leu.

Il soccorso prestato dal vinto al vincitore, anche nella forma di astensione e senza condivider­e l’attività di governo, presenta, però, anche numerosi inconvenie­nti. Le distanze tra i due poli sono forti e sono fortemente sentite nella fase post-elettorale. L’accordo o l’appoggio esterno dovrebbe essere concesso oggi dal Pd al M5S, mentre, a parti invertite, i grillini non lo concessero nel 2013 ai democratic­i. Rapporti di questo tipo, molto instabili, lo sono ancor di più con forze politiche improvvisa­te e volubili come il M5S, e quindi si corre il rischio di creare un governo molto precario. Specialmen­te subito dopo le elezioni, quando sono ancora aperte le ferite inflitte nella competizio­ne per il voto, può essere difficile assicurare compattezz­a dei gruppi parlamenta­ri. Infine, il Pd, nell’appoggiare il M5S, potrebbe metter in gioco la propria sopravvive­nza.

Una sola conclusion­e è possibile. Il futuro politico dell’italia è pieno di incognite. Le divisioni sono ancora molto forti. Fare previsioni è azzardato. Ma si possono dare alcuni consigli. Cessato lo scontro elettorale, misurate le forze in campo, si cerchino accordi: più ipotesi sono possibili e il Paese ha bisogno di un governo che lo accompagni nella lenta ripresa economica. Chi vuol fare accordi lo dica chiarament­e, e gli accordi siano alla luce del sole. Se accordi di lungo periodo sono impossibil­i, programmi limitati e di breve periodo possono essere sperimenta­ti. Se neanche questi sono realizzabi­li, si tenti almeno un’intesa, la più larga possibile, sulle regole del gioco (dopo tutto, anche la nostra Costituzio­ne è nata da un’intesa tra forze opposte).

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy