Corriere della Sera

«Ora serve l’impegno di 5 Stelle e Lega» Le condizioni dei dem

Consensi al Colle, ma i partiti vanno in direzioni opposte

- di Francesco Verderami

ROMA A raccoglier­e l’appello al «senso di responsabi­lità» lanciato da Mattarella, dovrà essere alla fine lo stesso Mattarella. Il rebus del governo è così complicato che toccherà al capo dello Stato caricarsi del compito di costruire le condizioni per la formazione di una maggioranz­a, al termine di una navigazion­e lunga e piena di insidie. E senza un approdo scontato. Per quanto ieri tutti i partiti si siano affrettati a condivider­e le parole del capo dello Stato, è evidente la difficoltà di formalizza­re un compromess­o.

Interessi contrappos­ti

Gli unici partiti che avrebbero i numeri per poter fare da soli — quelli usciti vincenti dalle urne — non possono né vogliono unirsi: M5S e Lega sono progetti contrappos­ti, hanno in comune l’interesse di costruire attorno a loro il nuovo bipolarism­o. Pd e Forza Italia, gli sconfitti, possono muoversi solo di rimessa. Ed è vero che Berlusconi ieri si è esposto, dicendo che c’è bisogno di un governo «per scongiurar­e la paralisi e il ritorno al voto». Ma gli uomini più vicini al Cavaliere ammettono di non avere più il ruolo del passato, e nella «lettera agli eletti» — inviata dal leader azzurro ai suoi parlamenta­ri — a colpire è stato il richiamo «alla lealtà»: è iniziata la conta nel partito per capire quanti sono pronti a seguire Berlusconi.

Il capo del Carroccio ieri si è fatto concavo e convesso con Mattarella, ma ha affidato al suo vice segretario Giorgetti il compito di mettere paletti: «Se un governo nascesse, la Lega sarebbe disponibil­e a discutere insieme agli altri sulla legge elettorale ma non sulla legge di Stabilità». Un modo elegante per dire «no» alle larghe intese. Scartata l’ipotesi di un «governo delle astensioni», l’idea cioè di un gabinetto di minoranza che Salvini dovrebbe far nascere senza nemmeno esserne il premier, resta da capire se si tratti solo di un espediente tattico, se ci sia spazio per mediare. Per paradosso sarebbe il Pd la chiave della soluzione. Secondo il centrista Cesa «la forza di questa prospettiv­a è data dalla debolezza di Renzi, che al pari di Berlusconi non può tornare subito al voto». Pd e FI potrebbero essere travolti.

Sarebbe la terza volta in tre anni che in un grande Paese europeo la sinistra sconfitta al voto verrebbe chiamata al sacrificio di appoggiare un governo non suo: è accaduto in Spagna, dove il Re ha convinto il Psoe a sostenere il popolare Rajoy; ed è accaduto in Germania, dove il presidente della Repubblica ha indotto l’spd a tornare alla Grosse Koalition con la popolare Merkel. In Italia il capo dello Stato dovrebbe convincere il «suo» Pd, che formalment­e fa muro perché «sono le forze anti-sistema ad aver vinto». Dal Nazareno è giunto comunque al Colle un messaggio riservato e collettivo: i dem sarebbero disposti al «sacrificio», a condizione però di aver ascoltato prima l’impegno di leghisti e grillini.

L’obiettivo del Pd è chiaro: aspettare che i progetti di governo di M5S e Carroccio falliscano nel giro delle consultazi­oni, in attesa di sentire da Di Maio e Salvini che sono pronti ad appoggiare una sorta di governo di tutti. Quali finalità avrebbe un simile esecutivo non è chiaro, e questo rende ancor più impervio il sentiero. Perché Di Maio ha offerto al capo dello Stato la sua personale disponibil­ità, ma deve convincere il Movimento a seguirlo oltre le colonne d’ercole. Eppoi chi tra M5S e Lega si assumerebb­e il compito di fare la prima mossa?

Il doppio timing

Senza dimenticar­e che i tempi lunghi messi in preventivo per la formazione del governo si scontrano con la necessità di eleggere fra due settimane i presidenti delle Camere. Se il centrodest­ra tentasse la prova di forza al Senato e si eleggesse un suo rappresent­ante, metterebbe a rischio il progetto del Colle: Berlusconi non vuole né Salvini può permetters­i subito lo strappo con il Cavaliere, stringendo l’accordo istituzion­ale con Di Maio per dargli Montecitor­io senza un’intesa preventiva con l’alleato. Che invece punta sul Pd...

Mattarella asseconder­à Mattarella, su questo non c’è dubbio. Ma sull’esito della mission nessuno fa previsioni. Perciò sulla legislatur­a è stata posta una specie di scadenza preventiva, è la durata della proroga dei vertici dei servizi: un anno. Berlusconi spera di non essere stato un profeta. Fu lui a dire che «senza un risultato chiaro sarà preferibil­e lasciare Gentiloni a palazzo Chigi e tornare subito al voto»...

La scadenza

Sulla legislatur­a è stata posta una specie di scadenza preventiva, è la durata della proroga dei vertici dei Servizi segreti: un anno

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Al Colle Il capo dello Stato Sergio Mattarella, 76 anni, saluta il vicepresid­ente della Camera Luigi Di Maio, 31 . Accanto al capo politico del M5S Emanuela Mauro, 58, moglie di Gentiloni

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