Corriere della Sera

Nemmeno le vecchie leggi avrebbero dato la maggioranz­a

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La «linea Maginot» e una task force per le strategie. I Cinque Stelle fissano i paletti e si raccolgono intorno al loro quartier generale, il comitato elettorale romano. Una quindicina di persone che tessono le fila politiche in questa fase delicata. Insieme a Luigi Di Maio e al suo staff ci sono esponenti dell’ala pragmatica (come i pretoriani Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro e Danilo Toninelli), neoeletti (Emilio Carelli, Stefano Buffagni e Gianluigi Paragone) e volti noti come Laura Castelli e Mattia Fantinati, oltre a un big come Alessandro Di Battista. Si inizia a ragionare sulle presidenze delle Camere: «In teoria senza convergenz­e dovrebbero spettare al partito e alla coalizione più votata», mettono le mani avanti alcuni pentastell­ati chiarendo allo stesso tempo che «non si tratta di fare accordi o inciuci per uno scranno». Nel frattempo proseguono i fermenti sottobosco tra i partiti. «Restiamo in fase d’attesa: questa è la nostra linea Maginot», mormorano nel Movimento. Come a dire che non hanno fretta, sono pronti anche a ragionare con i loro interlocut­ori e fissano

Con i risultati di domenica, sarebbe stato difficilis­simo trovare una maggioranz­a anche con il Porcellum e il Consultell­um, cioè due dei precedenti sistemi elettorali. A rilevarlo è un’analisi dell’istituto Cattaneo di Bologna. La legge Calderoli (Porcellum), come nel 2013, avrebbe reso indispensa­bili larghe intese al Senato. Diverso il discorso dell’italicum (che però prevedeva solo la Camera), dove la maggioranz­a sarebbe stata assicurata al vincitore del ballottagg­io, in questo caso tra centrodest­ra e Movimento 5 Stelle.

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