Il filo che unisce la spia avvelenata al Russiagate
LONDRA C’è un filo che lega il colonnello Sergej Skripal al Russiagate, l’indagine sui legami fra Donald Trump e Vladimir Putin. Secondo il Telegraph, l’ex agente dei servizi segreti russi avvelenato col nervino a Salisbury conosceva bene un consulente per la sicurezza che lavorava per Christopher Steele, l’ex funzionario dell’intelligence britannica autore del dossier sui rapporti fra Putin e Trump. Questo consulente, che non è stato identificato, risiede anche lui a Salisbury e collabora con Orbis Business Intelligence, l’agenzia di Steele, le cui rivelazioni hanno provocato l’inchiesta americana sull’intervento dei russi a favore dell’elezione di Trump. Questa potrebbe essere una spiegazione al tentativo di eliminare Skripal, che apparentemente aveva condotto vita tranquilla e ritirata in Inghilterra negli ultimi otto anni, dopo essere stato scambiato da Mosca con un gruppo di spie russe catturate in Occidente: se invece l’ex colonnello avesse collaborato alla stesura del dossier Trump-putin, e magari fosse stato al corrente di ulteriori segreti sul Russiagate, ci sarebbe stata una ragione per farlo fuori. Intanto il governo di Londra prepara la reazione: «L’uso di un agente nervino sul suolo britannico è un atto sfrontato e sconsiderato» e «questo è stato un tentato omicidio condotto nel modo più crudele e pubblico», ha dichiarato la ministra dell’interno Amber Rudd in Parlamento. Si tratta di un «crimine oltraggioso» e il governo «agirà senza esitazione quando i fatti diventeranno più chiari», ha assicurato. Skripal e sua figlia Yulia, anche lei avvelenata, sono ancora in condizioni critiche all’ospedale di Salisbury.