Corriere della Sera

Negrita: un viaggio in furgone per scongiurar­e la crisi

- Andrea Laffranchi

Una crisi doppia. Così è nato Desert Yacht Club (esce oggi), decimo album dei Negrita. «Da qualche anno eravamo una band sull’orlo del baratro, alla frutta. Per tante questioni non solo musicali, ma anche umane e personali. Cominciava­mo a vedere lo striscione dell’arrivo», racconta Pau. Si assume la sua parte di colpe Drigo: «La vita ti mette a dura prova. Mi ero distaccato dal lavoro e mi ero concentrat­o sui cavoli miei e avevo perso di vista lo spirito della band». Aggiunge Mac: «Dopo 20 anni certi equilibri non erano più in equilibrio».

La soluzione è arrivata, come tante altre volte nel passato della band, con un viaggio. Con la scusa di un tour all’estero e una data a Los Angeles se ne sono andati in giro per la California e nel deserto in furgone. E lì è nato il disco, proprio nel Desert Yacht Club, struttura creativa realizzata dall’artista napoletano Alessandro Giuliano a Yucca Valley, alle porta del Joshua Tree Desert. Non un resort di lusso, camper, tende, container... e anche una barca.

I Negrita hanno portato con sé una strumentaz­ione leggera, portatile: un computer, una scheda audio, casse da computer, basso acustico e due chitarre acustiche, iphone e app per generare suoni. «Registrava­mo attorno al tavolo della cucina. È stata la catarsi, la rigenerazi­one. Ci siamo rifasati», dicono i tre.

La seconda crisi è stata anagrafica. «Un giorno mi sono guardato allo specchio e ho visto i segni del tempo, mi sono sentito invecchiat­o. Allora ho pensato a cosa può raccontare una band a questa età», dice Pau. E allora c’è Non torneranno più, riflession­e al gusto country sui «rimpianti che però non devono durare più di un giorno», spiega. Lo specchio è La rivoluzion­e è avere 20 anni: «Parla ai nostri figli per insegnargl­i che, finite le ideologie, non c’è un metodo per fare la rivoluzion­e ma un’età».

Il rock resta la guida, ma i suoni sono cambiati. «La barca nel deserto rappresent­a anche i contrasti che ci sono stati sempre nella nostra musica. Dall’ultimo nostro lavoro è cambiato l’universo musicale. E anche la politica. I generi puri sono finiti come la Prima Repubblica. E allora, visto che eravamo quasi al capolinea abbiamo rischiato aprendoci di più all’elettronic­a, ma anche a country, folk, reggae e ai suoni della Giamaica di oggi».

Il deserto in qualche modo finirà anche nell’idea dello spettacolo. In attesa del tour vero e proprio la band ha annunciato tre concerti: 10 aprile a Bologna, 12 a Roma e 14 a Milano.

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I tre componenti dei Negrita: da sinistra Drigo (48 anni), Pau (50) e Mac (49)
Trio I tre componenti dei Negrita: da sinistra Drigo (48 anni), Pau (50) e Mac (49)

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