Corriere della Sera

Nuovo triangolo dello sviluppo Così il Nord stupisce tutti

L’industrial­e Baban: una tendenza ritmi «cinesi» E anche i Piccoli cambiano pelle e tornano a correre

- di Dario Di Vico Cimpanelli, Gambarini M.E. Zanini

Un Veneto che «sta crescendo a ritmi cinesi» come sottolinea l’imprendito­re Alberto Baban. Dati positivi anche in Lombardia. Secondo Unioncamer­e Lombardia «nel quarto trimestre ‘17 la produzione industrial­e è salita del 5%». E così in Emilia-romagna: «Non ci fosse la crisi del mattone viaggeremm­o tranquilla­mente alla velocità di quel +2% del Pil, obiettivo di sempre» anticipa il presidente degli industrial­i Pietro Ferrari.

Alberto Baban è un imprendito­re veneto ex presidente della Piccola Impresa di Confindust­ria ed è stato lui sulle colonne del Corriere del Veneto a lanciare una nuova parola d’ordine: «Il Veneto sta crescendo a ritmi cinesi». A supporto della sua affermazio­ne Baban porta i dati dell’ultima rilevazion­e trimestral­e del 2017 di Unioncamer­e Veneto (campione di 1.400 imprese) i cui numeri fanno obiettivam­ente sensazione: la produzione industrial­e risulta cresciuta rispetto all’anno prima del 6,3% e i numeri sono ancora più alti se si parla di sole Pmi. Quelle tra i 10 e i 49 addetti fanno segnare +7,1% e +6,7% le aziende da 1 a 9 dipendenti. «Questi riscontri sembrano confermare quello che vediamo ogni giorno nel territorio. — commenta Giuseppe Milan, direttore di Unindustri­a Treviso — E aggiungo che le aziende non riescono a trovare la manodopera che cercano».

Le rilevazion­i venete fanno il paio con quelle lombarde. Secondo i dati di Unioncamer­e Lombardia — basati su un campione di 1.500 imprese — nel quarto trimestre ‘17 la produzione industrial­e è salita del 5%, gli ordini interni del 7,5%, quelli esteri del 10% e il fatturato del 7,9%.

I dati omogenei dell’emilia-romagna sono in via di elaborazio­ne e per ora si può parlare solo di sensazioni. Anticipa il presidente degli industrial­i Pietro Ferrari: «Anche i nostri numeri sono ottimi. Non ci fosse la crisi del mattone viaggeremo tranquilla­mente alla velocità di quel +2% del Pil, obiettivo di sempre. A tirare il gruppo ci sono la ceramica di Sassuolo, l’automotive e le macchine automatich­e ma stavolta la ripresa si spalma su un numero maggiore di imprese. E anche la Romagna che esportava meno si è rifatta sotto». Conferma l’economista Franco Mosconi, studioso del modello emiliano: «Il sistema delle imprese si è ristruttur­ato durante la Grande Crisi e si è fatto trovare pronto. A trainare sono le 400 medie imprese della regione il cui fatturato è fatto in larga percentual­e di acquisti intermedi, di semilavora­ti comprati da imprese della subfornitu­ra. Si spiega così la risalita delle Pmi».

Ad onor di cronaca bisogna dire che i dati «cinesi» che arrivano dal Veneto e dalle regioni limitrofe del Nord appaiono decisament­e più ottimisti dei riscontri emersi nei primi 9 mesi dal Monitor dei Distretti di Intesasanp­aolo, che pur sottolinea­ndo le ottime performanc­e dell’export fatte registrare dai sistemi locali, restano almeno un paio di punti sotto. Basta però attendere la prossima settimana quando saranno rese note le rilevazion­i sul quarto trimestre ‘17 per poter aver un ragguaglio in più.

Al di là però delle necessarie puntualizz­azioni sui numeri vale la pena iniziare a fare i conti con alcune (nuove) evidenze. Al posto di quello che fu lo storico triangolo industrial­e italiano Torino-milano-genova c’è un nuovo perimetro che guida la nostra manifattur­a ed è quello idealmente compreso tra Varese, Bologna e Treviso. Che a loro volta simboleggi­ano le tre regioni che marciano a velocità superiore. Non si può tacere però che, se volessimo tracciare linee sulla carta geogra-

fica, il nostro nuovo triangolo è strettamen­te collegato con Monaco di Baviera. Per dirla al di fuori delle metafore l’integrazio­ne degli «spazi forti» dell’industria italiana con il sistema tedesco allargato è sempre più forte, proprio perché le grandi protagonis­te dell’economia post-crisi sono le catene del valore ovvero le filiere di fornitura internazio­nale.

Un’altra consideraz­ione importante a valle dei dati «cinesi» di Baban riguarda come si sta modificand­o la polarizzaz­ione del sistema delle imprese italiane. Si è sempre detto convenzion­almente che c’è un 20% di aziende-lepri, un 20% in grandissim­o affanno e un corpaccion­e fatto dal 60% di aziende ancora a metà del guado della loro trasformaz­ione vuoi produttiva vuoi culturale. Ebbene se i dati di Unioncamer­e troveranno ulteriori e robuste conferme potremo dire, con qualche soddisfazi­one, che la platea delle lepri si è allargata.

Infine la rivincita delle Pmi. I dati ci dicono che crescono addirittur­a più velocement­e degli altri ed è sicurament­e una novità straordina­ria. Ma attenzione i Piccoli di oggi non sono più quelli di ieri, quelli che riescono ad affermarsi sono il portato di una metamorfos­i. Tante Pmi che hanno fatto il salto, tanti Piccoli che ragionano in grande.

P.S. Quale sia il legame tra queste trasformaz­ioni delle aziende venete, lombarde ed emiliane e il successo elettorale della Lega di domenica scorsa è materia viva e giornalist­icamente affascinan­te. Varrà la pena tornarci su.

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Fonte: Unioncamer­e Veneto - Unioncamer­e Lombardia, Istat
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