Corriere della Sera

MIRAGGI ELETTORALI E REALTÀ

- Di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi

Dopo la crisi finanziari­a del 1929 il mondo occidental­e si chiuse in una gabbia di protezioni­smo. Ciascun Paese cercò di salvarsi da solo chiudendos­i come un riccio. Il risultato fu la Grande Depression­e che indirettam­ente contribuì a creare le condizioni per la nascita di regimi autoritari e infine la Seconda guerra mondiale.

La crisi finanziari­a del 2008 è stata superata con danni infinitame­nte minori di quella del ‘29 grazie al fatto che il mondo non ha ripetuto l’errore dell’isolazioni­smo. Fino ad oggi almeno. Ora però vediamo segnali assai preoccupan­ti. Il presidente Trump annuncia dazi proclamand­o addirittur­a che le guerre commercial­i si vincono facilmente e fanno bene. La Gran Bretagna esce dall’unione Europea e scopre che non si possono fare scelte à la carte: libertà di commercio per i servizi finanziari sì, ma libertà di movimento delle persone anche europee, no. Intanto la Russia di Putin sorride e fomenta l’instabilit­à e le divisioni dell’occidente.

Anche l’italia soffre di questi pericolosi miraggi, dopo una campagna elettorale giocata su paure e illusioni. Paura della globalizza­zione, paura dell’immigrazio­ne, paura della concorrenz­a. E l’illusione che la spesa pubblica, il reddito di cittadinan­za, lo Stato onnipresen­te, possano risolvere i nostri problemi.

Paura per la globalizza­zione?

In realtà la globalizza­zione ha fatto uscire dalla povertà centinaia di milioni di persone: in Cina, India, Africa, America Latina. E questo è bene. Punto. Ma non solo. Per arginare il flusso di immigrati ci vuole più, non meno globalizza­zione. L’aumento degli scambi e l’apertura al commercio, ad esempio, hanno fatto crescere il reddito pro-capite africano: in vent’anni è raddoppiat­o e di altrettant­o si è ridotto l’incentivo economico a emigrare in Europa. Se non si muovono i beni e i capitali, riducendo le diseguagli­anze fra Paesi, si muovono le persone.

Che cosa consente alle nostre imprese di esportare con tanto successo una quantità di beni e servizi non solo sufficient­e a pagare tutta l’energia che importiamo ma tale da produrre un surplus commercial­e che l’anno scorso ha superato 51 miliardi di euro? Mercati aperti e assenza di dazi, la globalizza­zione appunto.

E sull’immigrazio­ne, siamo davvero sicuri che la nostra società funzionere­bbe meglio senza badanti, baby sitter, collaborat­rici domestiche straniere, e senza tutti i lavoratori extracomun­itari che ogni mattina affollano le stazioni ferroviari­e del Veneto o del bresciano e che sono essenziali per il funzioname­nto delle imprese di quelle regioni? Come ricorda il presidente dell’inps, Tito Boeri, gli immigrati producono ogni anno un beneficio netto per le casse dell’inps pari a circa 5 miliardi di euro. Senza immigrati, di altrettant­o dovrebbero aumentare le nostre tasse, o ridursi le nostre pensioni. Ciò non significa accogliere più di quanti il nostro mercato del lavoro richieda, o non espellere immediatam­ente chi commette reati, o non si adegua ad una convivenza basata sulle nostre leggi. Apertura ragionevol­e sì, eccessiva tolleranza no.

E quale sarebbe l’alternativ­a ad una società aperta, basata sulla concorrenz­a, in cui le imprese efficienti sopravvivo­no e quelle improdutti­ve chiudono? L’alternativ­a è un sistema economico in cui prospera la rendita, in cui vince chi riesce a piegare la politica ai propri interessi, e vince a scapito dei consumator­i sui quali ricade il costo di quelle rendite. Certo che i lavoratori che perdono il lavoro devono essere protetti, aiutandoli a riqualific­arsi e nel

frattempo sostenendo il loro reddito. Ma bisogna proteggere i lavoratori, non i posti di lavoro. Tenere aperte imprese improdutti­ve sussidiand­ole è solo un costo per la società. E illudere i lavoratori che quelle imprese possano avere un futuro ha solo l’effetto di ritardarne la riqualific­azione e la possibilit­à di ritrovare un posto di lavoro più produttivo per loro e per la società (Sorprende a questo proposito il ministro Calenda che questo ha fatto: ha illuso i lavoratori dell’embraco che il denaro pubblico possa dare un futuro ad un’azienda che è finita fuori mercato, anziché aiutarli a riqualific­arsi. In un pomeriggio ha cancellato tutti i benefici del Jobs act del governo Renzi).

Lo stesso è vero per il reddito di cittadinan­za. Lo Stato deve far funzionare la scuola, non illudere i giovani che ci sia un’alternativ­a comoda allo studio e al lavoro. I danni che può fare il reddito di cittadinan­za (magari accompagna­to da un po’ di lavoro in nero) impedendo la creazione di

un’etica del lavoro sono ancor più gravi dei costi che un simile provvedime­nto trasferire­bbe sulle spalle dei nostri nipoti. Basta vedere che cosa ha prodotto l’assistenzi­alismo statale al Sud: ben poco.

Anche la proprietà pubblica delle imprese è un’illusione pericolosa. Perché le imprese pubbliche, soprattutt­o quelle possedute da Comuni e Regioni, sono in media meno produttive delle analoghe imprese private. Un altro modo per trasferire sulle spalle dei cittadini la rendita di pochi fortunati: i lavoratori (comunque pochi) che sono riusciti a farsi assumere nella municipali­zzata di casa e i politici che gestiscono quelle aziende.

Queste politiche produrrebb­ero più, non meno disoccupaz­ione spegnendo la pur tenue ripresa che è iniziata anche in Italia. Soprattutt­o se la guerra commercial­e annunciata da Trump dovesse materializ­zarsi. Le esportazio­ni sono il settore più dinamico della nostra economia e i dazi le rovinerebb­ero.

L’unica nostra via di salvezza rimane l’apertura al commercio internazio­nale; un rapporto costruttiv­o con l’europa, non da paria che minaccia uscite; politiche sociali che non colpiscano le generazion­i future e disincenti­vino il lavoro; mercati competitiv­i e non ingessati da burocrazia, tasse e regole inutili; privatizza­zioni contro la scarsa produttivi­tà delle imprese pubbliche controllat­e dalla politica, soprattutt­o quella locale; un’attenzione vera al debito pubblico per non ricadere nel circolo vizioso di più spese, piu tasse, nuova recessione, più spese e cosi via.

Il voto in Italia ha premiato Lega e Movimento 5 Stelle. Adesso è il momento della concretezz­a. Isolazioni­smo e Stato assistenzi­ale, le illusioni scritte nei loro progetti, andranno a scapito delle generazion­i future. Quali che siano le maggioranz­e, quale che sia la composizio­ne dei governi prossimi venturi, di certo non si possono dimenticar­e le lezioni del passato.

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