Corriere della Sera

«Dialogo con i 5 Stelle»

D’alema: il centrosini­stra veda se è possibile un programma comune

- di Aldo Cazzullo

D’alema, lei disse al Corriere: piuttosto che restare nel Pd, meglio prendere il 3%. È stato accontenta­to.

«Non sono contento del risultato, ma le ragioni per cui ce ne siamo andati sono le stesse per cui in cinque anni se ne sono andati 2 milioni e mezzo di elettori. Non erano critiche di un gruppetto di rancorosi; era un esame pertinente della situazione. Avevamo ragione».

Non era meglio rimanere nel Pd? Ora ve la giocherest­e.

«Abbiamo di fronte lo stesso problema: costruire un nuovo centrosini­stra. Liberi e uguali può dare un contributo fondamenta­le».

Perché siete andati così male?

«Pur avendo compreso i motivi del fallimento della politica del Pd, non abbiamo saputo mettere in campo una proposta che ci distingues­se. Siamo apparsi una parte di quel centrosini­stra che gli elettori hanno condannato; infatti andiamo bene dove va bene anche il Pd, e andiamo male dove anche il Pd va male. Ci siamo mossi tardi».

Dovevate fare la scissione prima?

«Sì. Ce ne siamo andati poco prima delle elezioni, abbiamo cambiato due simboli — Articolo 1, Mdp, Leu — in pochi mesi. Se lanci un prodotto sul mercato in questo modo, non hai nessuna possibilit­à di successo. E dovevamo marcare una più netta discontinu­ità di programma, dare un profilo più chiaro di novità, anche con le candidatur­e».

Compresa la sua.

«Lo riconosco: accettare la candidatur­a è stato un errore politico. Ma sul piano personale ho fatto quel che mi sentivo: combattere per le cose in cui credo. Ognuno deve seguire il suo demone. Io sono fatto così».

Ora tornerete nel Pd?

«Abbiamo avuto un milione e 100 mila voti: pochi per dire “la sinistra siamo noi”; troppi per dire che abbiamo sbagliato tutto. È un voto militante, appassiona­to, che non va disperso. Liberi e uguali deve essere la forza propulsiva del nuovo centrosini­stra. Ora dobbiamo organizzar­ci in quel campo, che può tornare a essere competitiv­o; come dimostra la vittoria di Zingaretti».

Voi il centrosini­stra l’avete diviso.

«Il Pd non perde perché c’è Leu; perde perché si è separato dal suo popolo. E la campagna sul voto utile per fermare la destra ha spinto molti verso i 5 Stelle».

Cosa accadrà nel Pd?

«Sono fiducioso che in quel partito maturi la consapevol­ezza che non si tratta solo di cambiare leader, ma linea politica. La propaganda sulla crescita non ha commosso nessuno: perché l’italia cresce meno degli altri; e perché la crescita può convivere con l’aumento delle disuguagli­anze e della povertà, se non c’è un’azione politica sulla qualità sociale dello sviluppo».

Così hanno vinto i populisti.

«Diffido dell’uso troppo facile di questo termine. Qualcuno ha detto: la sinistra chiama populismo tutto quello che non riesce a capire. Gran parte dell’elettorato dei 5 Stelle viene dalla sinistra. Di fronte alla condizione del Mezzogiorn­o, tema in questi anni del tutto dimenticat­o, i 5 Stelle hanno detto: noi diamo un reddito ai poveri e combattiam­o i privilegi. Sono le due bandiere della sinistra».

Il reddito di cittadinan­za è irrealizza­bile.

«Ma se i riformisti rinunciano a dare risposte praticabil­i a questi temi, qualcuno prende il loro posto. E non puoi dire ai tuoi elettori: siete fascisti, ho una pregiudizi­ale nei vostri confronti, con voi non parlo. È sbagliato politicame­nte e culturalme­nte».

Sta dicendo che la sinistra dovrebbe fare il governo con i grillini?

«Non so se ci siano le condizioni per fare un governo. So che il centrosini­stra non può sottrarsi al confronto; ha il dovere di andare a vedere. Nel momento in cui i 5 Stelle passano dalla propaganda elettorale alla responsabi­lità di governo, dovranno fare una selezione delle priorità dei passi possibili. È una sfida cui io li chiamerei. Se invece tutti si alleano per impedire loro di governare, la prossima volta prendono il 50%».

Renzi esclude alleanze.

«Che senso di responsabi­lità nazionale è dire “sto all’opposizion­e”, quando è evidente che non c’è modo di formare un governo? All’opposizion­e di che? Capisco che Renzi viva una fase di smarriment­o; ma la sua posizione non ha senso compiuto. Vogliamo tornare al voto con il Rosatellum? Pensano di essere così furbi da indurre i 5 stelle a fare il governo con la Lega? Mi ricordano Tecoppa: “Fermati, che ti infilzo!”».

L’alternativ­a sarebbe l’astensione per far nascere un governo di centrodest­ra.

«Sarebbe un suicidio».

Pregiudizi­ale anti Salvini?

«Su Salvini non ho un pregiudizi­o ma un giudizio: non possiamo avere nulla a che fare con un lepenista. Vorrebbe dire prendere quel che resta della sinistra italiana e consegnarl­a a Di Maio».

Lei è stato il primo a parlare di governo del presidente. Tutti dentro?

«Semmai tutti fuori. È una soluzione estrema: se non si trova nessuna via, il presidente della Repubblica dà l’incarico a una personalit­à esterna e chiede a tutti i partiti un atto di responsabi­lità. Può durare alcuni mesi, il tempo di fare la legge elettorale. Certo se la fanno la Lega e i 5 Stelle le elezioni successive diventano un ballottagg­io Salvini-di Maio; noi possiamo anche non presentare le liste».

Ma alla Lega conviene il turno unico, ai 5 Stelle il doppio turno. Lei quale sistema preferisce?

«Il doppio turno di collegio. In ogni caso, ci troviamo in questa situazione per una legge pessima imposta dal Pd. A maggior ragione il Pd non può disinteres­sarsi del governo del Paese».

Cosa dovrebbero fare i dirigenti?

«Prendersi un po’ di tempo per riflettere. Ho fiducia che lo faranno: li conosco, li ho visti crescere, è gente di qualità. La crisi non sarà né breve né semplice. Certo non è facile ragionare dopo una mazzata; posso farlo io, che sono persona esperta anche nel prendere botte».

D’alema rottamato definitiva­mente?

«Io non sono stato rottamato. Ho scelto di non ricandidar­mi quando era segretario Bersani. Stavolta ho sbagliato a cedere. Ma non ci si dimette dalle passioni».

E ora propone il confronto con i 5 Stelle.

«Lì c’è un pezzo del nostro mondo. Il confronto è necessario a verificare la possibilit­à di avere un programma comune, non demagogico ma in discontinu­ità con questi anni. Se non le soluzioni, la direzione di marcia dei 5 Stelle è condivisib­ile: ridurre le disuguagli­anze, occuparsi del Mezzogiorn­o, colpire i privilegi: tutti, non solo quelli dei politici; ce ne sono di assai maggiori. Si tratta anche di capire se i 5 Stelle vogliono davvero governare».

Dialogo, quindi.

«Se Togliatti dialogò con Guglielmo Giannini, il fondatore dell’uomo Qualunque, il centrosini­stra può dialogare con Luigi Di Maio».

Se Togliatti dialogò con Giannini dell’uomo Qualunque, si può dialogare con Di Maio

Candidarmi è stato un errore I dirigenti del Pd? Non è facile ragionare dopo una mazzata

 ??  ?? Al circolo di Berlinguer Il neo iscritto ai democratic­i Carlo Calenda, 44 anni, ieri durante la visita alla sede del partito in via Cappellari a Roma, la stessa a cui era iscritto Enrico Berlinguer
Al circolo di Berlinguer Il neo iscritto ai democratic­i Carlo Calenda, 44 anni, ieri durante la visita alla sede del partito in via Cappellari a Roma, la stessa a cui era iscritto Enrico Berlinguer

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy