Corriere della Sera

«Non scalo il Pd» Calenda in sezione conquista la base

C’è chi dice: «Chiamatelo amico, non compagno» La corsa di Zingaretti alle primarie da segretario

- Dino Martirano

Il ministro Carlo Calenda, neo tesserato dem, ha ascoltato e preso appunti per quasi due ore. E davanti a lui — nella sezione del Pd di Roma centro che non era mai stata così gremita di folla — si sono consumati, nell’ordine: un tentativo di scissione guidato da due compagni del Laurentino («Ce ne andiamo, questi hanno già perso...»); una risposta stizzita di una signora con il cappello rosso all’intervento di Angelo detto l’«argentino» («Calenda lo dovete chiamare “amico”, non “compagno”, perché qui i comunisti non ci sono più»); la conta degli under 50 presenti che alla fine sono diventati 10.

Il ministro dello Sviluppo economico ha risposto a tutte le sollecitaz­ioni dei militanti: «Non mi candido a fare il segretario perché chi arriva da tre giorni in un posto e dice che vuole fare il segretario è un buffone... Non sono qui per scalare il Pd», ha puntualizz­ato. Poi la platea di via dei Cappellari, dopo averlo ascoltato in religioso silenzio, gli ha regalato un applauso caloroso: «Non ci sarebbe niente di male a scalare il Pd, sei uno che ci mette passione», si è sentito dire nelle ultime file.

«No all’alleanza con il M5S che propongono al Paese una fuga dalla realtà» e niente accordi con la Lega di Salvini che è «estremamen­te pericolosa», ha aggiunto Calenda che ha spiegato la sua idea di partito: «Con l’autoflagel­lazione c’è un futuro solo per M5S e Lega, l’obiettivo è riportare il Pd al 30% altrimenti l’italia entrerà in un periodo buio. La disfatta elettorale sia la base per la vittoria come Dunkerque».

Poi il ministro è arrivato al punto: «Con Matteo Renzi ho un rapporto personale, ci mandiamo a quel paese quasi tutti i giorni. Io le cose gliele dico in faccia. E gli ho detto che le liste elettorali sono state fatte male. Comunque gli riconosco di essere stato, con Gentiloni, uno dei migliori presidenti del Consiglio» (applauso). Eppure Calenda — che rivendica il suo dna di «manager che ha lavorato alla Ferrari» — è il primo a riconoscer­e che il Pd «ha perso perché ha dato l’idea di proteggere solo quelli che ce la fanno». Poi arriva un appunto allo stile comunicati­vo del segretario: «Ai miei figli ho vietato la Playstatio­n perché lettura e studio sono importanti­ssimi. Ma se poi noi ci mostriamo che giochiamo con la Playstatio­n (Renzi e Orfini, ndr) vuol dire che abbiamo un problema...».

E c’è pure una stoccata per la minoranza: «Io opaco? — replica Calenda a Michele Emiliano — lui è un magistrato in aspettativ­a infinita , governator­e, membro del Pd, aspirante alleato del M5S». L’approdo di Calenda in una sezione del Pd arriva nel giorno in cui Nicola Zingaretti annuncia che non esclude di partecipar­e alle primarie del Pd: «È una buona notizia», dicono Andrea Orlando e Sergio Chiamparin­o. E nel Pd, al Senato è già iniziata la guerra dei numeri tra i renziani («Siamo 38») e i non renziani («No siete solo 25»).

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