Corriere della Sera

Trump: servono fatti, poi l’incontro con Kim La Svizzera: venite qui

«Le sanzioni restano». Anche Seul potrebbe ospitare

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

WASHINGTON Donald e Kim. Il vertice storico si terrà «entro maggio», ma per il resto è tutto da costruire. Su Twitter, Trump è già passato all’incasso politico: «Con i negoziator­i di Seul, Kim Jong-un ha parlato di denucleari­zzazione, non di un semplice congelamen­to. Inoltre la Corea del Nord non farà test sui missili in questa fase. Sono stati fatti grandi progressi, ma le sanzioni resteranno in vigore fino a che un accordo non sarà raggiunto».

Gli Stati Uniti, dunque, «manteranno la massima pressione, nulla è cambiato; non abbiamo fatto alcuna concession­e e ci aspettiamo che la Nord Corea faccia ora seguire azioni concrete al messaggio consegnato al nostro presidente», ha aggiunto la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders. Anche la flotta americana continuerà le esercitazi­oni nella regione.

Trump si è subito messo al telefono per spiegare quale sarà la strategia. Già nel pomeriggio dell’8 marzo, prima di accettare formalment­e l’invito ad incontrare il dittatore nordcorean­o, ha chiamato Moon Jae-in, presidente della Corea del Sud, protagonis­ta assoluto nell’intera vicenda. Poi ha sentito il premier giapponese Shinzo Abe e, infine, ieri mattina il leader cinese Xi Jinping. Il presidente americano vuole mantenere uno stretto coordiname­nto con gli alleati e con Pechino.

Con loro, per cominciare, bisognerà discutere dove organizzar­e il faccia a faccia. È una scelta che deve tenere insieme le fobie di Kim, che non ha mai lasciato il Paese da quando è salito al potere, e il significat­o simbolico del luogo. La Svizzera si è fatta avanti ufficialme­nte. «Siamo disponibil­i e abbiamo rapporti con tutte le parti in causa» ha fatto sapere il ministero degli Esteri elvetico. La città potrebbe essere Ginevra, epicentro della diplomazia mondiale. Un’altra ipotesi potrebbe essere una base sul 38° Parallelo, il confine, «smilitariz­zato», tra le due Coree. O, ancora, a Seul, con Moon Jae-in a fare da padrone di casa e da garante. Infine, Pechino, l’alleato vitale di Kim. Tutti scartano le due capitali, Washington e anche Pyongyang, ma con «The Donald» non si sa mai: potrebbe anche accettare di incontrare (l’ex?) «Little Rocket man» nel suo bunker. L’altra sera i consiglier­i della Casa Bianca, durante un briefing informale, quasi imploravan­o i giornalist­i: abbiate pazienza, nessuno di noi si aspettava uno sviluppo così rapido e imprevedib­ile, cominciamo solo ora a lavorare sulla possibile sede del summit.

È stato Kim Jong-un a sparigliar­e. Su questo non ci sono dubbi. E Trump, a sua volta, rispondend­o di fatto in tempo reale, ha spiazzato i suoi advisor e i suoi ministri. L’altra sera il segretario di Stato, Rex Tillerson, in viaggio verso l’etiopia, aveva detto ai reporter che «non c’erano le condizioni per il negoziato». Ieri mattina ha rivelato: «Questa è interament­e una decisione del presidente. Ci siamo appena sentiti per telefono: un’ottima conversazi­one».

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Un soldato sudcoreano ieri alla stazione di Seul davanti a uno schermo tv che mostrava immagini del presidente Donald Trump e del leader nordcorean­o Kim Jong-un (Afp)
In tv Un soldato sudcoreano ieri alla stazione di Seul davanti a uno schermo tv che mostrava immagini del presidente Donald Trump e del leader nordcorean­o Kim Jong-un (Afp)

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