Corriere della Sera

Un fotografo ribelle per il denim più antico d’italia

Roy Roger’s e Rankin. «Il jeans è cambiato»

- M.per. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il primo tatuaggio — prima affermazio­ne della propria indipenden­za. Il primo bacio. La prima casa, nella quale vivere da soli. La prima rincorsa alla persona amata. La prima fotografia. La prima notte bianca. Con «il primo denim italiano». Le immagini con il timbro inconfondi­bile del fotografo inglese Rankin, artista della ribellione. La musica punk. E un’idea centrale: la libertà, la affermazio­ne di sé, della propria unicità.

Il racconto per immagini di Rankin — un video che è quasi un mini-film, tanto il montaggio è serrato — dà una nuova veste, aggressiva e leggera e a suo modo sognatrice, a quello che è per l’appunto un marchio italiano «antico»: Roy Roger’s, che dal 1949 produce denim italiano, un’azienda familiare di quelle che noi italiani siamo bravissimi a inventare dal nulla — la moda come la nostra Silicon Valley.

Poco dopo la guerra non si diceva ancora «start-up» ma Raffaello Bacci, commercian­te di tessuti del Pratese, portò in Italia il primo marchio di denim insieme con il figlio Francesco, folgorati sulla via del North Carolina, dove visitarono un grande fabbrica del tessuto più americano che c’è. Scelsero il nome di un americano che avevano conosciuto e regalarono alla ditta una veste esotica — non si diceva neanche branding, allora, ma i Bacci sul branding aveva le idee chiarissim­e.

L’azienda passò al genero di Francesco, Fulvio Biondi (scomparso improvvisa­mente nel 2010); e ora tocca ai figli di Fulvio e Patrizia, Guido e Niccolò Biondi. Nuova generazion­e (neanche quarantenn­i) e

nuove idee.

«Sono tramontate in questi ultimi anni certe tendenze, nel mondo del denim, certi lavaggi, certi dogmi. Qualche anno fa l’affermazio­ne del jeans costosissi­mo di lusso e poi l’invasione della grande distribuzi­one con l’idea opposta, qualità molto relativa ma prezzi stracciati — spiegano i fratelli che dirigono Manifattur­e Sevenbell, azienda di famiglia cui fa capo il marchio Roy Roger’s —. Noi sulla qualità non abbiamo mai fatto compromess­i, e anche all’estero

il messaggio sta arrivando (i flagship cinesi stanno andando molto bene, in Italia hanno negozi monomarca a Firenze, Milano, Forte dei Marmi ndr). Denim ma anche maglieria, sempre di più. Abbiamo puntato sulla crescita della donna, che sta andando molto bene, più di un quarto di Roy Roger’s ormai è abbigliame­nto da donna». Roy Roger’s personaliz­za con il su misura, offre lavaggi più contempora­nei e aggressivi ma anche il denim «rigido», scuro e non lavato, con la cimosa, che attrae sempre, e non solo i puristi.

I fratelli Biondi credono sì nella qualità — l’anno scorso a Pitti stupirono con il denim sartoriale realizzato con la classiciss­ima Liverano & Liverano fiorentina, una specie di jeans «fuoriserie» — ma la scelta di Rankin è chiara: un messaggio nuovo per comunicare freschezza e aggressivi­tà e attenzione al mondo dei Millennial­s anche molto femminile (tra le immagini più forti di Rankin, la ragazza che fa il bagno vestita con i suoi jeans e la t-shirt logata). Non hanno paura del logo, i fratelli: sanno che è un logo classico ormai, come è classico il motto — non si diceva ancora slogan, allora — del nonno: «Non c’è futuro se non hai una vera storia». Loro lo stampano dentro i jeans, sull’etichetta con la taglia .

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Ieri e oggi Una foto degli Anni 50 e, a destra, uno scatto di Rankin
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