Corriere della Sera

La politica frammentat­a che divora i suoi leader

- di Carlo Baroni

Dicono sia lo spirito dei tempi. E questo è un tempo dove i leader latitano. La politica li fagocita, gli elettori li stropiccia­no. Durano lo spazio di un paio di legislatur­e, per qualcuno basta una campagna elettorale per eclissarsi. Per questo il libro di Luciano Fontana Un Paese senza leader (Longanesi editore) è più che mai sulla notizia. E non poteva essere altrimenti, visto che a scriverlo è stato il direttore del «Corriere della Sera». Ieri la presentazi­one a Tempo di Libri, a Milano insieme all’editoriali­sta del quotidiano di via Solferino Massimo Gramellini, e al vicedirett­ore Venanzio Postiglion­e. «Si chiudono 25 anni di illusioni — chiosa Fontana —, soprattutt­o l’illusione che fossimo approdati nel mondo nuovo. Quello del bipolarism­o perfetto. Progressis­ti di qua, conservato­ri di là. E sarebbe bastato chiudere le urne per conoscere il capo del governo». E invece. Partiti spariti o ricomparsi con un altro nome e talvolta una nuova anima. «Mentre in Germania — continua Fontana — governavan­o Schröder e Merkel, da noi si alternavan­o una decina di leader diversi». Gramellini ha una risposta dantesca: «Forse è il contrappas­so ai capi partito spettacola­ri, a cominciare da Berlusconi».

Un libro che è anche un album di ricordi, di incontri da vicino. Per raccontare una frammentaz­ione che è la cifra della politica italiana degli ultimi cinque lustri. Quasi un voler mettersi alle spalle le certezze rassicuran­ti dei partiti del Dopoguerra. Sembra che l’italia sia affetta da una sorta di sindrome di Masaniello, la voglia di trovarsi un capopopolo, di idolatrarl­o e poi metterlo da parte in un attimo. Un copione che si ripete inesorabil­e e per certi versi anche tragico.

Il libro di Fontana coglie l’attimo, «un libro profetico» come sottolinea Postiglion­e, proprio a cavallo dell’ultima tornata elettorale che fotografa con precisione una tendenza che dovrebbe essere temporanea e invece si rivela duratura. C’è una crisi della sinistra che paga a rate la fine di un’era. Il Pci granitico prima della svolta della Bolognina che muta pelle e identità. E persino il nome o i nomi: Pds, Ds e infine Pd, con in mezzo altre scissioni e lacerazion­i varie. Leader che svaniscono, i segretari inamovibil­i diventano precari come i ragazzi che cercano lavoro. Da Occhetto a Renzi c’è più di un naturale salto generazion­ale. E non è che a destra il quadro sia più stabile nonostante la presenza ormai quasi trentennal­e di Silvio Berlusconi.

I movimenti populisti che sembrano la moda della generazion­e Millennial trovano le loro radici addirittur­a all’indomani della caduta del Muro di Berlino. Con la Lega apripista di una protesta che adesso trova epigoni nel Movimento Cinque Stelle. Di quel 1993 non è rimasto quasi niente. Gli uomini al comando sono tornati nelle retrovie. Anche quelli che avevano dato la spallata come Antonio Di Pietro. Emerge la frammentar­ietà di un Paese, quasi una condanna atavica, un dna di rivalità e odi, dove più che vincere conta far perdere l’avversario.

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Luciano Fontana (Frosinone, 1959) oggi a Tempo di Libri dialogherà con Giuseppe Sala (ore 12, Casa Corriere)

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