Corriere della Sera

Fiabe, letture e spettacoli Variazioni sul tema dell’esilio

Intorno all’opera dell’autore, un programma ad hoc

- di Alessandro Beretta

Illuminare le pagine di uno scrittore vivente e elaborarne le tracce anche in altre arti: è così che Dedica, a Pordenone da oggi a sabato 17 marzo, prosegue il proprio percorso di omaggio e scoperta.

L’ospite della ventiquatt­resima edizione del Festival è lo scrittore afghano Atiq Rahimi, fuggito in Francia nel 1984, a 22 anni, dopo l’invasione sovietica del proprio paese e autore dal profilo poliedrico. Scrittore, cineasta, fotografo, Rahimi è protagonis­ta nella settimana di diversi incontri, tra cui la presentazi­one martedì 13 del suo ultimo libro Grammatica di un esilio (Bottega Errante), con la consegna del Premio Crédit Agricole Friuladria «Una vita per la scrittura».

Un riconoscim­ento dato, in passato, ad autori come Claudio Magris, Paul Auster e Björn Larsson, invitati negli anni dall’associazio­ne Thesis che organizza la rassegna: «Il Festival non ha intenti celebrativ­i, ma di approfondi­mento — racconta Claudio Cattaruzza, direttore artistico — e scegliamo un autore vivente perché il pubblico possa poi continuare a seguirlo. Il nome Dedica deriva da un’accezione affettuosa, come quando si dedicavano in radio le canzoni agli amici o alla ragazza che ti piaceva. Lo spirito è quello di un omaggio a un autore che è nei nostri cuori ed è un’occasione per entrare nella sua opera e nei suoi temi, ma anche nel mondo che lo circonda e da cui proviene».

In questo caso l’afghanista­n, dalle sue fiabe e miti, alle vicende tragiche della guerra, alla mostra fotografic­a di Rahimi «L’immagine del ritorno» nata da un viaggio, anni dopo la fuga, nei propri luoghi d’origine. Un mondo culturale vasto, che l’autore ha declinato in diversi percorsi, come spiega Cattaruzza: «Sono almeno tre le aree tematiche nell’opera di Atiq Rahimi. C’è la condizione dell’esilio, di persona sradicata dalla propria terra che arriva in Occidente, contro cui non ha nulla, ma soffre per il trauma di

una partenza imposta dalle circostanz­e: uno strappo dagli affetti, dai luoghi e dalla lingua. Vi è poi la guerra, la tragedia e le brutture che nascono dalla condizione bellica e dal fatto di arrivare da un paese che da quarant’anni non conosce pace».

«La terza situazione, infine, — continua il direttore — è quella della condizione femminile, perché l’ambiente creatosi durante il governo dei talebani ha riportato la donna a un azzerament­o. La sensibilit­à che Rahimi ha nell’entrare nella psicologia femminile, in questo senso, è straordina­ria».

Un tema al centro del romanzo più celebre dell’autore: Pietra di pazienza (Einaudi) che nel 2008 vinse il Premio Goncourt e che Rahimi portò al cinema, da regista, nel 2012. Il film viene proiettato mercoledì 14, mentre giovedì 15 Rahimi è protagonis­ta di una lettura scenica insieme a sua figlia Alice. Il Festival si chiude sabato 17 con il concerto

degli Gnu Quartet e se per il pubblico è la fine di una settimana culturale, per oltre 1.500 studenti delle scuole è il coronament­o di un lavoro iniziato l’anno scorso, a Settembre, sull’opera di Rahimi. Per tutta la settimana del festival saranno realizzati i laboratori sulle fiabe afghane curati da Associazio­ne 0432 per i ragazzi delle scuole primarie e prime classi di scuola secondaria di primo grado.

Un bel percorso di formazione che quest’anno ha un’appendice: l’arrivo il 21 marzo di Malalai Joya, attivista e scrittrice afghana che dà voce ai diritti di donne e bambini.

Il direttore artistico Cattaruzza: «Tra i temi che verranno trattati anche quello delle brutture della guerra»

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Teatro La scorsa edizione di Dedica

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