60 anni di seduzione
Stone: «Oggi tutto si consuma e le dive eterne sono scomparse Ma io non spengo i miei sogni»
Sharon Stone, LOS ANGELES donna con un alto tasso di ironia e di intelligente gioia di vivere, considera «poco elegante» che le si dedichino curiosità e domande per i suoi 60 anni. Altrettanto giudica improprio che qualcuno si ostini a definire qualche suo amico più giovane di lei un toy boy mentre l’espressione toy girl non le risulta essere applicata «quando qualche maturo signore si accompagna per fare shopping o altro e sono fatti suoi se non pratica abusi, con una fanciulla».
Acuta e accorta nell’amministrare le sue finanze, nonché sempre glamour, l’attrice, che è spesso anche produttrice e testimonial di vari brand di moda e bellezza, bada a lavorare, a crescere i tre figli.
La definizione di madre adottiva la irrita «perché i figli sono di chi li ama e li cresce. Roan, che divenne mio figlio quando ero sposata con Phil Bronstein, poi Laird e Quinn sono il mio baricentro, mi arricchiscono ogni giorno».
La irrita, sia pure con note di umorismo, continuare a essere definita ricca di un «naked instinct» a causa dei suoi film Basic Instinct uno e due. Lasciata San Francisco, dopo il divorzio da Bronstein («Ho scelto per un certo periodo della mia vita di fare solo la moglie, con tutti gli annessi e sconnessi perché la vita offre tranelli e tradimenti»), Sharon si è stabilita a Los Angeles. Legat alle sorelle e alla sua famiglia ricorda: «Quando mi era possibile portavo con me sempre mia madre. Ricordo il mio primo viaggio a Roma per lavoro, giravo di notte al Mattatoio, di giorno perlustravo con la mamma una delle città che sono nel mio cuore. Vivevamo al Rione Monti, qualcuno mi dava consigli per evitare i paparazzi, e io andavo a spasso per Roma indisturbata e beata».
«Ogni tanto qualcuno scrive o dice che io mi reinvento e ricomincio a quaranta, cinquanta o sessanta anni a lavorare. Non ho mai smesso, di recente ho accettato impegni televisivi per la serie Mosaic, ho due film in uscita, mi renderebbe felice essere, dopo Casinò, nel prossimo film di Martin Scorsese, ma è prematuro parlarne».
Vicina al cinema di giovani autori, è amica di James Franco per il quale ha accettato di partecipare a The Disaster Artist «geniale e caustico saggio su Hollywood. E diventare la talent agent di Greg Sestero mi ha ricordato il tentativo di conciliare aspirazioni e realtà nelle carriere di noi attori».
La domanda sulle molestie sessuali è d’obbligo, ma Sharon taglia corto: «Lavoro nel cinema da quaranta anni e so quanto si paga la determinazione a essere se stesse senza accettare desideri maschili onnivori. Applaudo le donne che denunciano, ma si ritrova
dentro corteggiamento di noi, non che certo varca nel molti confini, la possibilità di affermarsi. Ritengo che sia importante dire questo concetto alle nuove generazioni». Non le piace fare il punto della sua carriera perché «gli esseri umani sono in evoluzione o involuzione continue come possono essere le loro carriere». Però qualche momento clou lo ricorda volentieri: «Ho lavorato ovunque e ho bei ricordi, altri meno positivi perché io ho un carattere pronto a confronti su tutto. Penso ai miei impegni con Woody Allen, fu il mio primo film importante e poco importa che avessi solo una particina in
Stardust memorie. Preferisco concentrarmi sul film che ho appena terminato, What about love, sul confronto tra
d Il lavoro Ogni tanto qualcuno scrive che mi reinvento La verità è che non ho mai smesso di lavorare
genitori e figli». Dopo tanti anni di professione, cosa pensa Sharon delle trasformazioni del cinema del suo passo a due con la tv? «Mi piace lavorare con Soderbergh ed è stato interessante prendere parte alla serie tv Mosaic. Per i i giovani attori è importante valutare bene le proposte e ora lo è anche per la mia generazione, che al cinema aveva sognato di diventare seducente come Kim Novak in Vertigo».
Cosa avrebbe voluto fare Sharon se l’impegno, la tenacia e la fortuna non l’avessero resa un’icona del cinema? «Mi capita a volte di pensare a quando come modella ebbi il mio primo contratto, a quando ero la seconda di quattro figli di una famiglia di operai e con un padre socialista e a casa nostra si mangiavano molte patate. Il cinema aveva nel passato dive eterne, tutto oggi si consuma, ma io ho anche scritto un libro sugli angeli e a sessanta come a vent’anni sono capace di sognare su me stessa».