Sala boccia Renzi ed elogia Calenda «Svolta o finiamo come in Francia»
Il sindaco di Milano: primarie autoreferenziali, serve lealtà. Io in campo solo per dare idee
MILANO Niente sconti. Né alibi. Il Pd ha sbagliato. Renzi ha sbagliato. La consapevolezza dei propri errori è il primo passo per crescere. Vale per gli uomini. È lo stesso per la politica. A una settimana dal voto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, offre la sua analisi. E propone le sue ricette per guarire. L’occasione è l’incontro-intervista con il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, a Tempo di Libri, la rassegna milanese dell’editoria. Si parte da Milano e si arriva a Roma. Ma prima di guardare le mosse di Sergio Mattarella, il Pd dovrà farsi un esame di autocoscienza. Sala invita a prendere il momento sul serio: «Altrimenti si rischia la fine dei socialisti francesi». Praticamente spariti. Ripartire dalle primarie? Un errore. Un rito fine a se stesso, fa capire il sindaco ambrosiano: «Le primarie sono qualcosa di autoriferito. Qualcosa che gli elettori farebbero fatica a capire. L’ennesima conta per pesarci. Invece servirebbe un momento di lealtà».
Ma qual è stato il momento di rottura, incalza Luciano Fontana, l’attimo, le situazioni che hanno portato un partito dal 40 per cento alle europee al 19 delle Politiche? «La conferenza stampa del dopo elezioni di Renzi è stato il punto più basso. Più una dichiarazione di guerra che una resa temporanea. A chi si stava riferendo Renzi? Chi voleva accusare di inciuci? Noi che ci siamo alleati anche con Verdini». Ma la «valanga» si era formata prima. «Renzi si è circondato di poche persone. Non ho niente contro la Boschi, ma mi chiedo se fosse il caso di nominarla sottosegretario dopo il flop del referendum. Come si può non pensare che la gente non valuti queste scelte?». Ci sono anche ragionamenti più ampi. Che vanno al di là e oltre le strategie di Matteo Renzi. «Una volta gli elettori sceglievano qualcuno che fosse meglio di loro, più preparato. Volevano un’élite al governo e in Parlamento. Oggi la gente vuole identificarsi con chi vota. Anche così si spiega il successo di Salvini e Di Maio. Il primo ha fatto un miracolo, se pensiamo che ha ereditato la Lega di Belsito. Di Maio aveva già il vento che tirava nella sua direzione». Se Renzi farà un passo indietro, si aprono spazi interessanti per i ruoli chiave nel Pd. «Apprezzo la decisione di Calenda che ha preso la tessera del partito» commenta Sala. E così fa capire che proprio il ministro è uno degli uomini dell’immediato futuro, per non dire già del presente. E il sindaco di Milano? «Io posso dare il mio contributo di idee, di più sicuramente no. Voglio portare a termine il mio compito, l’impegno preso con Milano. Sono fatto così». E l’applauso è inevitabile. E a sottolineare la scelta c’è la critica a Nicola Zingaretti, neoeletto alla guida del Lazio che si è detto disponibile a correre per le primarie.
Ma chiunque guiderà il Pd, il partito è obbligato a decidere cosa fare nell’immediato. E l’immediato significa incarico di Mattarella per formare il nuovo governo. «Inevitabile che chiami Di Maio e Salvini. Ho il sospetto che dovranno provare entrambi». E il Pd? «Deve restare silente. In questo momento non è della partita». Detto degli elogi per il «miracolo» di Salvini, meno positivo il giudizio su Di Maio che «non ha mai amministrato neanche un condominio». Berlusconi? «Lui vuole solo guadagnare tempo — commenta Sala —. Vuole solo tutelare se stesso e non gliene frega niente del centrodestra. Vuole fare il regista? Ma il regista di che?»