«È un tentato assassinio di Stato Ma non credo ordinato da Putin»
La scrittrice Ludmila Ulitskaya: «In Russia il processo politico è arcaico»
LONDRA Lei è una delle scrittrici russe più note all’estero: ma Ludmila Ulitskaya, oltre che per la sua attività letteraria, ha fatto spesso parlare di sé per il suo impegno a favore della libertà di espressione e per le critiche al regime di Vladimir Putin. Tanto che due anni fa ha anche subito un’aggressione in strada da parte di un gruppo di fanatici nazionalisti. Una «dissidente», si sarebbe detto in altri tempi.
Qui in Inghilterra tutti pensano che l’avvelenamento dell’ex agente Sergej Skripal sia opera dei servizi segreti russi. Ma è veramente possibile che Putin abbia autorizzato un nuovo caso Litvinenko?
«C’è una logica nella loro professione: e in questo caso è più importante degli ordini precisi di qualunque capo, anche del più alto rango. Suppongo che dietro l’avvelenamento di Sergej Skripal ci siano con ogni probabilità i servizi di sicurezza. Ma non credo che Putin abbia una responsabilità personale per questo assassinio. È al lavoro un sistema al quale il nostro presidente appartiene in virtù della sua attività professionale sin dagli anni giovanili. Questo sistema non lo ha fondato lui, ma è un sistema che lavora in maniera brutale e finalizzata. Perché l’”agente doppio” Skripal sia caduto proprio adesso sotto il taglione del sistema, non riesco neppure a indovinarlo. Ma non credo che sia stato un ordine dell’attuale presidente — un simile episodio alla vigilia delle elezioni è improbabile che convenga».
Se veramente siamo di fronte a un (tentato) omicidio di Stato, per di più in territorio straniero, questo cosa ci racconta sulla natura del regime di Putin?
«Questo tentativo di assassinio politico non aggiunge niente di nuovo al quadro generale. Mi pare che abbiamo a che fare con un qualche segnale, il cui senso è un ammonimento a coloro che rappresentano un pericolo per i servizi segreti. Ci troviamo all’interno della logica di lavoro degli organi della sicurezza. Penso che nel caso di Sergej Skripal ci siano due aspetti, uno criminale e uno politico: e bisogna considerarli separatamente. Compito della polizia è trovare i criminali: e dopo che li avranno trovati sarà possibile parlare delle motivazioni politiche. In ogni caso, hanno sofferto persone che non avevano nulla a che fare con l’attività di Skripal, che non avevano prestato un giuramento di fedeltà e non lo hanno violato. Questo conferisce al crimine una sfumatura minacciosa, lo fa uscire dai confini di un affare interno ai servizi di sicurezza».
Qual è l’atmosfera in Russia alla vigilia delle elezioni presidenziali?
«Mi pare che la società abbia un atteggiamento abbastanza indifferente: e come potrebbe essere altrimenti, quando il risultato è già deciso? Anche in un partita di calcio, quando gioca una squadra debolissima contro una molto forte, gli spettatori sulle tribune non si scaldano... Di fonte a un risultato noto dal principio nessuno fa il tifo».
Si può intravedere una speranza di cambiamento oggi in Russia? Quali personaggi o forze sociali potrebbero farsene portatori?
«Finora non vedo nessuna figura paragonabile all’attuale presidente quanto a influenza sulla società. È al lavoro una macchina enorme, e lavora molto bene, sotto ogni aspetto. A me interessano i processi dal punto di vista antropologico e culturale: e da questo punto di vista il processo politico attualmente in corso in Russia è arcaico e non si accorda con le tendenze umanitarie nel resto del mondo. Che io registro, forse, in virtù del mio erroneo ottimismo».
«È un ammonimento per coloro che rappresentano un pericolo per i servizi»