Quella Barbie-ispiratrice troppo perfetta per la magia di Frida Kahlo
L’idea era illuminata, e furbetta. Nella Giornata delle donne, 8 marzo, Mattel ha lanciato sul mercato una serie di Barbie tutta nuova. La bambolina-icona del femminile anni Sessanta si è trasformata in tante e diverse eroine del femminismo contemporaneo: dall’aviatrice Amelia Earhart alla calciatrice italiana Sara Gama. Donne «ispiratrici» per bambine che amano ancora (per fortuna) le bambole, ma possono pure costruire modellini d’aereo. La strategia di marketing è però inciampata nella «spontanea» e anticonformista Frida Kahlo. Gli eredi della pittrice messicana, morta nel 1954, hanno contestato la sua Barbie, sopracciglia folte ma non unite e tante roselline nei capelli neri: «Non abbiamo mai autorizzato — dicono — l’utilizzo dell’immagine di Frida». In realtà, il volto della pittrice — compagna di Diego Rivera e di molti altri, dal rivoluzionario russo Lev Trockij al poeta André Breton — è già finito su bottiglie di tequila e lucidalabbra, grazie alle attività della Frida Kahlo Corporation (che ha trattato con Mattel senza informare i familiari sugli usi del «marchio»). Ma in quella bambolina tutta curve, in effetti, si perde la vera magia di Frida, aliena a qualsiasi canone estetico. E d’altra parte nessuna Barbie potrà mai ispirare come i suoi quadri e le sue parole: «Non ho mai dipinto sogni. Ho dipinto la mia realtà».