Corriere della Sera

Noi che vinciamo le nostre paure

Panico in automobile e in aereo, attacchi di claustrofo­bia, rifiuto dei luoghi affollati Esercizi mentali, ironia e sport: la terapia di chi ce l’ha fatta

- Di Riccardo Bruno 1 2 3 4 Patrizia Dicillo 5

● Il libro sarà presentato domani alle 18.30 a Milano alla libreria Rizzoli in Galleria

Vania Colasanti è andata a cercare quante sono le fobie, ha trovato un elenco con 306 voci. C’è anche quella che era la sua, l’aviofobia, la paura di prendere l’aereo. Timore piuttosto diffuso, se è vero che ne soffrirebb­e almeno un italiano su due. «Non ho volato per 23 anni, un calvario, ho tentato di tutto: psicoterap­ie cognitive, training autogeno, tecniche olistiche, meditazion­e». Poi la svolta, l’incontro con un neurologo che aveva già guarito un’amica. «Dottore, devo prendere necessaria­mente un volo per Stoccolma?». «Quando è fissato?». «Tra cinque mesi». «Tra cinque mesi salirà su quell’aereo». Non è andata esattament­e così perché lei tornò a staccarsi da terra dopo appena 9 giorni, in una sorta di volo-test da Roma a Bari. Il medico, nonostante l’accelerazi­one sul programma, la tranquilli­zzò e adottò «una terapia breve, anzi brevissima».

Il neurologo è Rosario Sorrentino, volto noto anche in tv. Con Vania Colasanti, scrittrice e autrice televisiva, hanno scritto un libro, Grazie al cielo, che è non è solo un «diario di bordo» che svela con leggerezza come si sconfigge la paura. È anche un saggio che diventa racconto corale, collezione di storie, una comunità che si aiuta e si incoraggia, in una sorta di terapia di gruppo.

Per esempio Patrizia Dicillo, cardiologa. «Soffrivo di claustrofo­bia. Per diciassett­e anni niente più aerei, treni, navi. Per non parlare dell’auto: una tortura, perché ero terrorizza­ta alla sola idea di restare bloccata nel traffico o di dovermi infilare in un tunnel troppo lungo. Non prendevo nemmeno più l’ascensore». Quando non riusciva a usare le scale, ricorreva a un «kit di sopravvive­nza: cellulare, acqua e biscotti». A suggerirle la terapia giusta è ancora una volta un’amica, Rosa De Candia, avvocatess­a, che è una che aveva buone ragioni per aver paura di volare. Durante il viaggio di nozze a New York, il suo aereo cade subito dopo il decollo, si spezza, prende fuoco. Lei ne esce integra solo fisicament­e, smette di viaggiare per anni. Fino alla cura con il dottor Sorrentino. «È stato un crescendo, un aeroplano dopo l’altro. Già dopo tre voli mi fece smettere la cura. Non ho più preso medicine. Volo felicement­e ovunque. E non mi pongo il problema di che tipo 1 Vania Colasanti, l’autrice del libro Grazie al cielo, non ha volato per 23 anni; 2 Carlo Traglio, presidente di Vhernier, maison di gioielli prodotti a Valenza, iniziò a soffrire di claustrofo­bia dopo un’immersione subacquea; 3 Patrizia Dicillo, cardiologa, aveva paura dei luoghi chiusi. Quando prendeva l’ascensore portava sempre un «kit di sopravvive­nza» con acqua e biscotti; 4 Rosa De Candia, avvocatess­a, ha iniziato ad avere paura di volare dopo un incidente aereo; 5 Cinzia Tani, autrice televisiva, ha sofferto di claustrofo­bia

di aereo sia o quante ore duri il volo».

La terapia, oltre che farmacolog­ica — un mix che ad esempio stimola la produzione di serotonina —, comprende anche attività fisica e un esercizio mentale per recuperare i ricordi speciali, quelli più sereni e metterli in una sorta di cassetto, pronti ad essere utilizzati quando

serve. «Per molti versi il mio lavoro — spiega con ironia Sorrentino nel libro — somiglia a quello di un tour operator che sbarca sul pianeta panico cercando di riportare indietro il maggior numero di persone».

Carlo Traglio è il presidente di Vhernier, maison di eccellenza nella gioielleri­a. Per lui i guai iniziarono durante un’immersione subacquea. «All’improvviso mi prese un attacco di panico. È stato l’elemento scatenante. Piano piano gli attacchi sono comparsi in altre situazioni, per esempio mentre guidavo. Sono rimasto chiuso in casa per due mesi. Non ce la facevo più a prendere l’ascensore, a stare nei posti pieni di gente, nei cinema, nei ristoranti». Fino all’incontro con il neurologo Sorrentino, che definisce «una giving person, una persona che si dà, un medico che ti segue, ti richiama. Vive con te il problema».

Una storia simile a quella di Cinzia Tani, scrittrice e conduttric­e televisiva. «Provavo claustrofo­bia e paura di precipitar­e. Appena l’aereo aveva un lieve sobbalzo, mi veniva da piangere... E poi gallerie, ascensori, concerti. Nei cinema mi dovevo mettere nei posti laterali. Perfino i film che parlavano di aerei mi facevano paura». È lei l’amica che ha dato il consiglio giusto a Vania Colasanti.

Quello che colpisce ascoltando tutti i racconti è che la via d’uscita, dopo anni di buio fitto, era lì, appena dietro l’angolo. Una semplice cura limitata nel tempo e non troppo costosa. E soprattutt­o l’acquisizio­ne di una consapevol­ezza: che la paura può diventare una nostra alleata. «Se ben utilizzata, rappresent­a una straordina­ria risorsa». Parola di neurologo.

d Per 17 anni non ho preso aerei, treni e navi. Non usavo l’auto: ero terrorizza­ta dall’idea di restare bloccata nel traffico o di dover passare in un tunnel troppo lungo. Rinunciavo addirittur­a all’ascensore

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● Attraverso racconti...
Il libro ● «Grazie al cielo. Vincere la paura di volare (e non solo)» (Sonzogno) è il libro scritto da Vania Colasanti, giornalist­a, autrice tv e scrittrice, e Rosario Sorrentino (foto), neurologo e divulgator­e scientific­o ● Attraverso racconti...

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