Limitare i social agli adolescenti La ricetta inglese (e i troppi dubbi)
Iteenager inglesi potrebbero essere i primi a sperimentare una sorta di proibizionismo a tempo sui social media, un limite ex lege che scatterebbe dopo un certo numero di ore passate ogni giorno a postare, leggere e subire video (e pubblicità). Diciamo subito che il tema che si è posto il ministro inglese per il Digitale Matt Hancock — fa male un uso bulimico della Rete soprattutto in giovane età? — è giusto. Chiunque abbia un figlio sopra i dieci anni conosce bene il problema. La soluzione dei paletti per legge è però sbagliata. Sembra figlia della sindrome da Brexit: gli inglesi sono convinti che si possano affrontare i problemi in casa chiudendo porte e finestre. In Inghilterra i teenager spendono oltre 20 ore a settimana sui siti come Facebook, Instagram e Snapchat. Se questo causi danni alla salute è oggetto di studio. Di certo bene non fa. La soluzione proposta da Hancock al Times e sulla quale starebbe ragionando il governo della May è costringere i social Matt Hancock, 39 anni, segretario di Stato per il Digitale del governo britannico network a limitarne tecnicamente l’uso dopo un certo numero di ore (si parla di un codice che dovrebbe arrivare sugli smartphone dei genitori che, a loro volta, dovrebbero bloccare l’account dei figli, un bizantinismo tecnologico). Peccato che i social non sono delle carte d’identità certificate: tra gli under 13 falsificare l’età negli account è quasi uno sport. Anche in Italia. I ragazzi non sono sciocchi: cambierebbero la data di nascita. Anzi, il proibizionismo potrebbe drogare l’attrattività del post. Sembra il dibattito degli anni Ottanta su bambini e tv, con l’aggravante che gli smartphone sono ubiqui e che sulla rete c’è di tutto: non solo contenuti porno e violenza ma anche il virus delle fake news. Anche qui il problema non è nuovo: il grande Edison metteva in circolazione vere e proprie notizie false sul concorrente Tesla. Ma è con i social che il virus del falso sfocia oggi nella pandemia. E allora? Allora restano famiglia e scuola. La forza dell’educazione non va sottovalutata: il vantaggio che va riconosciuto alla Rete è di avere diffuso le informazioni come fece l’invenzione di Gutenberg e Castaldi. Ma il danno che gli va imputato è che queste informazioni e notizie sono state separate violentemente dalle fonti. Dovremmo educare al valore della fonte. Perché senza di essa l’informazione non ha grande valore. E questo — come mostra il populismo dilagante — è vero anche per gli adulti.