Tutto quello che non sappiamo sull’immigrazione
Il libro di Proverbio e Lancellotti che sfata i luoghi comuni, dal lavoro alle pensioni
È stato il tema sul quale si è accanito di più lo scontro elettorale: l’immigrazione. Rappresenta un problema e una minaccia o è necessaria per la crescita dell’economia e la tenuta del welfare in una società «vecchia» come la nostra? Sull’interrogativo Stefano Proverbio e Roberto Lancellotti, entrambi con una formazione professionale radicata nel colosso della consulenza Mckinsey, hanno scritto Dialogo sull’immigrazione. Il libro, edito da Mondadori (128 pagine), si presenta nella forma originale ed efficace che riprende il «Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo» di Galileo.
Come sottolinea nell’introduzione Rolando Polli (anch’egli di provenienza Mckinsey) i tre protagonisti del dialogo, Simplicio, il populista, Salviati, pro-immigrazione e Sagredo, il moderatore, espongono «in diretto contradditorio le loro tesi nel modo più chiaro e serio possibile». Con un risultato, fra i tanti, che viene sottolineato nella postfazione da Dario Di Vico, firma del Corriere della Sera: il confronto fa emergere la contraddizione tra flussi dell’economia, totalmente aperti e mondializzati, e mercati politici, invece «chiusi» e nazionali.
Contraddizione che si manifesta vieppiù dal confronto fra le argomentazioni popolari e populiste anti immigrazione di Simplicio e quelle «pro» che Salviati presenta con dati e statistiche rilevanti e che delineano queste (e altre) indicazioni: la migrazione fa crescere il Pil; la nostra quota (9-10%) di stranieri sulla popolazione è fra le più basse in Europa e ciò vale anche per chi riceve lo status di rifugiato; gli immigrati non tolgono lavoro: «competono» con gli italiani solo su posti meno pagati e accettati contribuendo alla sopravvivenza di imprese che altrimenti chiuderebbero o delocalizzerebbero; pagano una parte delle nostre pensioni versando più di quanto prelevano; delinquono più degli italiani ma ciò vale per gli irregolari, il 10% degli immigrati.
Gli argomenti di Salviati risultano alla fine per così dire «vincenti»: considerati il calo demografico e l’invecchiamento della società in Italia, «senza immigrazione la popolazione, soprattutto attiva, è destinata a crollare; l’invecchiamento e la riduzione della popolazione frenano la crescita; l’immigrazione può giocare un ruolo rilevante per recuperare lo sviluppo». Il libro non dà ricette ma raccomanda interventi «che vadano oltre la gestione dell’emergenza» e consentano di allineare i flussi alle necessità del Paese: 200 mila nuovi ingressi l’anno con il 30% a elevata competenza o potenziale. Occorre gestire e non subire. Ma Simplicio ne sarà convinto?