Corriere della Sera

Perché il cancro può essere carissimo

Grazie al Sistema sanitario da noi i costi delle cure sono «coperte». Ma chi ha un tumore spesso deve affrontare una serie di spese anche molto rilevanti, che si accompagna­no a una riduzione delle entrate per il calo della produttivi­tà e le ricadute sul l

- Vera Martinella

Andare sul lastrico per pagarsi le cure anticancro. Oppure rinunciare alle terapie, evitando così che la malattia rovini le prospettiv­e di vita di tutta la famiglia. Il problema, negli Stati Uniti, è oggetto di diversi studi, tanto che ha già un nome tutto suo: cancer financial toxicity, ovvero tossicità finanziari­a del cancro. L’ultima ricerca è di poche settimane fa e conferma quanto già emerso nel 2013: i malati di tumore sono più a rischio di dichiarare bancarotta rispetto al resto della popolazion­e. Non solo perché negli Usa non esiste un sistema sanitario come il nostro, che garantisce le cure gratis, ma anche a causa di tante spese che pazienti e familiari devono affrontare di tasca propria: come gli spostament­i per andare in ospedale, le cure domiciliar­i o le terapie di riabilitaz­ione. E, soprattutt­o, in ragione del tempo necessario per curarsi o assistere un familiare, che condiziona, spesso a lungo, le capacità di guadagno del nucleo familiare. Quando si parla di spesa economica relativa al cancro, le questioni sono sostanzial­mente due: il costo delle terapie, che in Italia è a carico del Servizio sanitario nazionale (Ssn) e poi tutto ciò che gravita attorno alla malattia, e che comporta maggiori spese e minori introiti nel bilancio domestico. «Non c’è dubbio che il prezzo dei medicinali innovativi sia sempre più alto e uno dei problemi maggiori in questo momento sia, anche in Italia, trovare il modo per continuare a garantire le terapie gratis per tutti — spiega Francesco Perrone, direttore dell’unità Sperimenta­zioni Cliniche dell’istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli —. Ma è importante occuparsi anche delle spese extra: giorni di lavoro saltati, lavoro perduto o stipendio ridotto, viaggi, visite ed esami, spese per medicinali di sostegno, psicologi, fisioterap­ia, badanti e via dicendo».

Per che cosa si spende

Partiamo allora da ciò che pesa direttamen­te sul bilancio familiare (affrontiam­o il costo dei medicinali in un articolo qui di seguito).

Per che cosa spendono i pazienti oncologici nel nostro Paese? «Fino ad ora non spendono per i farmaci anticancro — risponde Perrone, che è un esperto in materia e nel Rapporto 2017 della Favo (Federazion­e Italiana Associazio­ne Volontari in Oncologia) sulla condizione assistenzi­ale dei malati oncologici in Italia ha dedicato un capitolo alla tossicità finanziari­a —. Ma, ovviamente, c’è dell’altro. La prima cosa che mi viene in mente, come oncologo napoletano, sono le migrazioni sanitarie: molto spesso inutili in termini di efficacia dei trattament­i perché la qualità è per lo più simile nelle strutture del Nord e del Sud. E quasi sempre dannose sul piano della logistica (che è parte della qualità di cura) e delle spese».

Poi esistono uscite economiche aggiuntive direttamen­te legate alla malattia e alla sua gestione: il ricorso alle visite o alla diagnostic­a privata, ad esempio, se con il sistema pubblico non si riesce a soddisfare i bisogni e i tempi di attesa si allungano troppo. «E ancora — aggiunge Francesco De Lorenzo, presidente della Favo — ci sono le somme sostenute per l’assistenza domiciliar­e (carente in tutta Italia, salvo sporadiche e lodevoli eccezioni, per lo più merito delle associazio­ni di volontaria­to), quali prelievi di sangue o somministr­azioni endovena di farmaci di supporto, fisioterap­ia per pazienti non più in grado di deambulare, molto spesso nella parte terminale della malattia. Ci sono pure le uscite derivanti dalle ricadute sociali della condizione, come la necessità di aiuto casalingo per il numero crescente di pazienti soli o anziani, che spesso diventano non più autosuffic­ienti proprio a causa del tumore. E, naturalmen­te, i mancati introiti da lavoro nei pazienti giovani e in chi li assiste, i caregivers, ancora troppo poco tutelati».

Chi è più a rischio

Chi è il paziente-tipo a rischio tossicità finanziari­a? «Pochi mesi fa, abbiamo pubblicato analizzato i dati relativi a 16 sperimenta­zioni coordinate dall’istituto dei Tumori Napoli tra

d

Migrazione sanitaria Una voce di spesa importante è legata agli spostament­i per farsi curare al Nord sebbene la qualità dei trattament­i al Sud sia di solito simile

L’identikit di chi va in crisi

A riferire difficoltà finanziari­e sono più di frequente le donne, chi ha meno di 65 anni e chi è curato nell’italia centrale e meridional­e

il 1999 e il 2015, a cui hanno partecipat­o 3760 pazienti con tumori di polmone, mammella o ovaio — continua Perrone —. È emerso che circa un quarto dei malati ha lamentato un disagio economico legato alla malattia e al suo trattament­o. Tracciare un identikit è difficile, ma più di frequente a riferire difficoltà finanziari­e sono state donne, pazienti trattati negli ospedali dell’italia centrale e meridional­e, al di sotto dei 65 anni. Quest’ultimo dato fa capire come la malattia produca un danno molto rilevante alle persone in età lavorativa. Quindi a quello che si “spende” bisogna sommare quello che “non si guadagna più” a causa del cancro. E purtroppo, anche in Italia, la tossicità finanziari­a si associa a risultati terapeutic­i peggiori, sia in termini di qualità che di quantità di vita. Anche se su quest’ultimo punto, grazie all’esistenza del Sistema Sanitario Nazionale

(Ssn), le stime sono molto più ottimistic­he rispetto agli Stati Uniti».

Qual è il costo per ogni famiglia

«Sapevamo che, nonostante la gratuità delle cure assicurate dal nostro Ssn, la malattia genera un aumento dei costi sociali diretti e indiretti e una diminuzion­e dei redditi — continua De Lorenzo —. L’indagine Favo-censis pubblicata nel 2012 aveva già evidenziat­o un “peso economico” aggiuntivo per le famiglie con un paziente oncologico stimato in oltre 30mila euro all’anno nei primi anni dopo la diagnosi, e causato dall’acquisto di medicinali di supporto (come antinausea o antidolori­fici, ad esempio), esami diagnostic­i o visite specialist­iche pagati dal paziente, nonché spese di trasporto e di assistenza (badanti, infermieri)». Ma un grosso peso lo hanno anche costi indiretti quali il mancato reddito che la malattia comporta (per riduzione o cessazione dell’attività lavorativa) per il malato e talvolta anche per la persona che lo assiste più da vicino.

Quanto incide l’aspetto economico sulle possibilit­à di guarigione

«Pur accettando che ci potesse essere un contraccol­po economico, non immaginava­mo che, addirittur­a, per un paziente su cinque questo si potesse riflettere in un peggiorame­nto della prognosi — aggiunge Elisabetta Iannelli, avvocato e segretario nazionale della Favo —. L’analisi di sopravvive­nza ha dimostrato infatti che chi ha sofferto la tossicità finanziari­a ha avuto, nei mesi e anni successivi alle cure, un rischio di morte del 20% più alto (negli Usa è il 79%) rispetto ai malati senza problemi di denaro. Questo dato allarmante induce a riflettere sulla necessità di ripensare ad adeguate ed efficaci politiche di welfare affinché alla “guarigione clinica” corrispond­a quella “sociale” dal tumore».

I problemi sul lavoro

Mobbing, perdita del lavoro, decurtazio­ni dello stipendio sono un problema per il milione di italiani malati di cancro lavoratori? «Sì, le difficoltà profession­ali costituisc­ono un grave problema per i diretti interessan­ti e per i caregivers — risponde Elisabetta Iannelli, che è anche vicepresid­ente dell’associazio­ne italiana malati di cancro (Aimac), che in questi giorni celebra i suoi 20 anni di attività in difesa dei diritti di pazienti e familiari —. Il lavoratore che si ammala, invece, può e deve essere sostenuto durante la fase acuta di malattia, quando le terapie sono più invalidant­i, ed essere utilmente reinserito nel posto di lavoro con adeguati e tempestivi programmi di riabilitaz­ione, formazione e aggiorname­nto. Proprio a questi fini Aimac ha realizzato e porta avanti, con aziende di rilevanza internazio­nale il progetto «Pro Job Lavorare durante e dopo il cancro», che prevede strumenti volti a promuovere l’inclusione dei malati (e dei loro familiari) nel mondo produttivo, agevolando i rapporti fra impresa e lavoratori. Grazie al nostro impegno abbiamo ottenuto importanti risultati. Affinché le leggi non rimangano inattuate è però necessario che siano innanzitut­to i malati a conoscere i diritti riconosciu­ti e garantiti a livello nazionale e locale. Per questo Aimac ha pubblicato nel 2003 il libretto “I diritti del malato di cancro”, con cui per la prima volta nel nostro Paese si è posta attenzione alla “disabilità” oncologica, alle ricadute sociali e lavorative della malattia, colmando il gap informativ­o esistente».

Le possibili soluzioni

«Il mio punto di vista è quello del ricercator­e — premette Perrone – e mi fa dire che lo studio della tossicità finanziari­a richiede strumenti di approfondi­mento specifici per il contesto sociale e culturale in cui vengono applicati. In pratica: serve un test di routine, da far compilare a malati e familiari per rilevare i problemi. Ora stiamo elaborando un modulo italiano, specifico per la nostra realtà, che nasce proprio dai pazienti, che ci aiuterà a capire meglio le cause di questo fenomeno e, per quanto possibile, contrastar­le».

In realtà esistono già alcuni metodi, che però vanno migliorati. «Dal punto di vista di chi gestisce la sanità pubblica bisogna migliorare l’efficienza del sistema in tutti i suoi aspetti — dice Stefania Gori, presidente nazionale dell’associazio­ne Italiana di Oncologia Medica (Aiom) —. Ogni anno 800mila italiani cambiano regione per curarsi e dobbiamo invece fare in modo che chi ha un sospetto o una diagnosi di cancro trovi in tempi ragionevol­i una risposta di buona qualità all’interno del proprio territorio. Per far questo serve realizzare davvero le reti oncologich­e in modo da offrire le migliori opportunit­à terapeutic­he, anche sperimenta­li dove questo ha un senso». Bisogna poi ricordare che non si spende solo per i farmaci. «Ci sono altri aspetti che possono essere migliorati per continuare a far funzionare il nostro Ssn — continua la presidente Aiom —. I costi elevati dell’assistenza conseguent­i ad esami diagnostic­i talora inappropri­ati e visite di controllo troppo frequenti durante il follow up dei pazienti oncologici, potrebbero essere ridotti garantendo in tal modo a pazienti e familiari un’assistenza persino migliore e facendo spendere meno al Ssn e a loro stessi grazie ad un adeguato e condiviso utilizzo. Questi risparmi permettere­bbero anche una possibilit­à di offrire cure domiciliar­i a tutti i pazienti in fase avanzata di malattia». Senza dimenticar­e che in Italia 3milioni e 300mila persone vivono dopo la diagnosi di tumore, il 30 per cento delle quali è in età lavorativa. E a questi si aggiungono ben 4 milioni di caregiver.

Il costo per famiglia

Un’indagine del 2012 aveva rilevato un peso economico aggiuntivo per le famiglie con un paziente oncologici pari a 30 mila euro l’anno

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