Corriere della Sera

MI HANNO DETTO CHE HO IL «FEGATO GRASSO», CHE COSA SIGNIFICA ? CHE RISCHI CORRO? E COME PREVENIRE UN PEGGIORAME­NTO?

- L.rip. nonbastala­salute.corriere.it

Mi hanno diagnostic­ato la steatosi epatica: di che cosa si tratta? A quali conseguenz­e vado incontro? Quali sono le terapie?

La steatosi epatica (più comunement­e nota come «fegato grasso») è una condizione frequente che consiste, appunto, nell’accumulo di grasso nel fegato. Di per sé non dà sintomi e non è patologica, però può evolvere in infiammazi­one (steatoepat­ite) e fibrosi, che possono portare allo sviluppo di cirrosi epatica.

Il meccanismo alla base della steatosi è l’insulino-resistenza, cioé un’aumentata resistenza da parte dell’organismo all’azione dell’insulina, problema associato allo sviluppo di diabete, obesità, ipertensio­ne arteriosa e ateroscler­osi, e quindi a un aumentato rischio di malattia cardiovasc­olare. Steatosi e steatoepat­ite sono sempre più diffuse nel nostro Paese; chi ne soffre spesso ha anche il diabete (22%), la pressione alta (40%), il colesterol­o e/o trigliceri­di alti (69%) o è obeso (51%).

In questi casi si parla di epatopatia metabolica (o sindrome metabolica), che, si stima nei Paesi Occidental­i riguardi il 25% delle persone, anche se probabilme­nte si tratta di una stima ottimistic­a.

Dal punto di vista clinico, la distinzion­e tra la steatosi e le forme potenzialm­ente progressiv­e è importante, non solo per impostare un migliore controllo a lungo termine, ma anche per la prognosi. Infatti, visto che la malattia è asintomati­ca, la diagnosi avviene di solito casualment­e, nel corso di accertamen­ti richiesti per altre ragioni dal medico curante o da specialist­i come il diabetolog­o o il cardiologo.

In genere il sospetto nasce dopo un’ecografia addominale in cui viene notato un fegato più grande del normale oppure «brillante» (come di dice in gergo) o dopo un esame del sangue in cui le transamina­si (enzimi prodotti dal fegato) siano superiori alla norma. Questi riscontri, però, da soli non bastano per distinguer­e fra la steatosi «semplice» e le sue forme potenzialm­ente progressiv­e. Per questo è necessario approfondi­re la situazione. L’anamnesi, cioè la raccolta della storia clinica del paziente, è fondamenta­le: infatti il tempo trascorso dalla alterazion­e delle transamina­si e dal riscontro di steatosi all’ecografia è essenziale per valutare la cronicità del danno epatico. Inoltre è fondamenta­le la ricerca dei fattori potenzialm­ente responsabi­li dell’accumulo di grasso (dislipidem­ia, intolleran­za glucidica, diabete, sovrappeso o obesità, assunzione di alcolici).

Quando si possano escludere altre cause di danno epatico (virali, tossiche, alcool, malattie da accumulo), nella maggior parte dei casi si tende a propendere per una diagnosi di steatosi semplice; tuttavia non è sempre così poiché non è infrequent­e trovare, ad esempio, esami persistent­emente normali in soggetti diabetici talvolta già portatori di cirrosi. Infine, l’esclusione di altre cause di patologie del fegato (acute o croniche) è decisiva per arrivare alla diagnosi, definita, per esclusione, di epatopatia metabolica.

Sebbene la diagnosi di epatopatia metabolica possa avvenire per esclusione di altre cause e le tecniche non-invasive di «stadiazion­e» della malattia (ad esempio l’elastograf­ia transiente) possano essere utili per valutare la presenza di fibrosi, l’esame istologico tramite biopsia epatica rappresent­a l’unico in grado di dare informazio­ni certe e di identifica­re le caratteris­tiche microscopi­che proprie della steatoepat­ite (infiammazi­one e degenerazi­one delle cellule epatiche) e di valutare la presenza di fibrosi e alterazion­i struttural­i (come la cirrosi) del fegato. Questo è fondamenta­le, perché i pazienti portatori di steatoepat­ite e di fibrosi al momento della diagnosi sono quelli a rischio di sviluppare nel tempo una malattia di fegato significat­iva, con un rischio di tumore del fegato e di mortalità correlata pari allo 0,5% e al 2,5% per anno, rispettiva­mente.

Purtroppo non esistono terapie farmacolog­iche approvate contro le steatosi e la steatoepat­ite.

Nonostante molte molecole siano in fase di sviluppo, le raccomanda­zioni internazio­nali indicano nel calo di peso e nella regolare attività fisica gli unici strumenti in grado di agire su queste condizioni, potenzialm­ente reversibil­i.

In aggiunta, la correzione delle cause sottostant­i l’epatopatia metabolica (colesterol­o e/o trigliceri­di alti, diabete) giocano un ruolo fondamenta­le nel modificarn­e la storia naturale.

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