Corriere della Sera

Spunta anche il «governo di tregua»

I partiti alle prese con le soluzioni possibili. Il giornale dei vescovi: esecutivo a tempo sostenuto da tutti

- Paola Di Caro

Il paradosso attorno al quale ruotano tutti i ragionamen­ti dentro e fuori dal Palazzo è che i numeri non fanno una maggioranz­a possibile, e che una maggioranz­a possibile potrebbe non avere i numeri. Infatti le intese con più ampio margine di voti in Parlamento sembrano le meno attuabili. La prima prevedereb­be un patto tra centrodest­ra e M5S: numeri larghissim­i, ma realizzabi­lità dell’intesa ridotta al lumicino a detta dei protagonis­ti. Difficilis­simo sembra anche un patto di larghe intese tra centrodest­ra e Pd, che metterebbe in estremo imbarazzo sia il leader leghista, sia il partito di Renzi. Almeno dall’atteggiame­nto mostrato fin qui, più L’incontro

● Dopo il vertice di Matteo Salvini con i parlamenta­ri della Lega, mercoledì Silvio Berlusconi convocherà a raccolta a Roma gli eletti nelle fila di FI per tracciare la linea in vista dei prossimi appuntamen­ti realistica potrebbe apparire un’intesa tra M5S e Pd, soprattutt­o se la linea di Renzi sul no a qualsiasi alleanza fosse travolta nel partito: ma in questo caso, per avere una maggioranz­a con un minimo di margine di sicurezza, servirebbe il sì di tutto il gruppo del Pd più Leu. E con numeri risicati si reggerebbe anche un governo M5s-lega, improbabil­e almeno per la difficoltà nel trovare un’intesa tra Salvini e Di Maio, che sperano di fronteggia­rsi non solo oggi ma anche in futuro.

Ecco quindi che nelle discussion­i all’interno dei partiti si arriva sempre all’unica ipotesi che pare pur ardua ma percorribi­le: un governo «del presidente», o di «tregua», o di «scopo», o «utile» come lo definisce il giornale dei vescovi Avvenire invocandol­o, che veda la partecipaz­ione di tutti i partiti, più con un sostegno da fuori che con la partecipaz­ione diretta nella compagine di governo, per un periodo limitato e con un programma limitato (mettere in sicurezza le clausole di salvaguard­ia, fare la legge elettorale) prima di tornare presto al voto.

Mentre i contatti tra i partiti sembrano ridottissi­mi, con gli sherpa che ancora non hanno mosso i passi decisivi, in questa ottica andrebbero lette le parole di ieri di Salvini. La sua richiesta delle presidenze delle Camere per Lega e M5S assieme al no a ogni «inciucio» fa capire come pensi a un percorso il più lineare possibile: ai vincitori vanno le presidenze, poi si proverà a formare un governo ma solo sulla base della condivisio­ne del programma del centrodest­ra (no a larghe intese quindi), e subito dopo ci sarà il congresso per trasformar­e il suo partito in «Lega Italia». Essere personalme­nte al governo, se non in questo quadro, importa poco a Salvini, che invece avrebbe lo speculare interesse di Di Maio: tornare al voto presto, approfitta­ndo dei mesi di governo per rafforzare la sua leadership a destra ai danni di FI, così come il capo del M5S potrebbe fare nei confronti del Pd. Gioco che non piace a FI già infastidit­a dal protagonis­mo dell’alleato, e che vede in allerta il Pd. Per questo la soluzione forse più percorribi­le è ancora da costruire.

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